Ignazio Marino, ex sindaco della Capitale, ha rilasciato un’intervista sulle colonne de L’Espresso e, inevitabilmente il tema fondamentale ha riguardato quello delle prossime elezioni del 5 giugno. Qualcuno si aspettava una sua candidatura, ma lui ha deciso di farsi da parte perché “non volevo che il dibattito elettorale si concentrasse su di me – e sull’attacco alla mia persona – anziché sule cose che servono alla città. Poi in effetti non è che non essendoci io, il dibattito sia invece decollato sui contenuti. Ma non è colpa mia”
Lui, che negli ultimi mesi è stato impegnato all’estero, continua a seguire con interesse la campagna elettorale dei candidati, soprattutto perché assicura che alle urne ci andrà per esprimere la propria preferenza.
“Mi pare che sia una campagna davvero bizzarra. I temi su cui si è acceso di più il dibattito sono state le affermazioni stralunate del campione di polo Alfio Marchini sull’hashish che impedisce il risveglio dal coma o la questione se Mussolini sia stato o no un grande urbanista. Mi piacerebbe che si parlasse di trasporti, rifiuti, lotta alle clientele, aiuto agli indigenti, gare pubbliche, illuminazione: tutte cose su cui in due anni e mezzo noi abbiamo fatto il massimo che potevamo fare, ma su cui i partiti oggi dicono cose vaghe, a volte con amnesie incredibili”
Marino non sembra apprezzare molto la figura di Roberto Giachetti e questo perché, secondo lui, è un rappresentante di Renzi e non avrebbe alcuna autonomia (quando gli viene chiesto “come la Raggi con Grillo” lui risponde “peggio”) la Roma che vorrebbe è quella che negli anni Novanta ha iniziato ad avere quei problemi che ancora oggi persistono:
“Giachetti disse – lui stesso – di non avere le doti e le capacità di fare il sindaco di Roma. Li ha visti i suoi manifesti con lo slogan “Roma torna Roma”? Si riferisce al periodo di Rutelli, metà degli anni Novanta, quando lui era capo di gabinetto. Bene, è stato proprio allora che si è ingigantito il debito enorme di Roma, poi arrivato con Veltroni a 22,5 miliardi e ulteriormente aggravato da Alemanno. Un buco che ancora oggi pagano non solo i cittadini romani, ma quelli di tutta Italia, in qualsiasi città abitino: tutti gli italiani pagheranno fino al 2040 mezzo miliardo di euro di tasse in più all’anno per via del debito creato da quella Roma a cui Giachetti vorrebbe tornare. Fa venire i brividi, l’idea che Roma torni a quella che creava quei conti così in rosso. Senza dire che è stata la giunta di Rutelli e Giachetti ad aprire gli stessi campi nomadi che oggi lui dice di voler “superare”, e a non chiudere la più grande discarica d’Europa, Malagrotta, che chiusi io nel 2013. Mi ha fatto molto sorridere uno dei punti fondamentali del programma di Giachetti, quando dice che Roma deve “dotarsi di un grande piano strategico che le proietti verso il futuro”; e afferma che se verrà eletto “si doterà di un piano elaborato con istituzioni e università per dare una visione alla città”. Forse il candidato del Pd non lo sa, ma noi lo abbiamo pubblicato nell’autunno del 2015,dopo averci lavorato per due anni, dividendo Roma in 25 quadranti e affidandone ciascuno a 25 università diverse, tutte di primissimo piano nel mondo”.
Poi su Raggi e Fassina:
“Ho conosciuto Raggi in questi due anni e mezzo ed è una donna con una personalità molto forte e per alcuni aspetti anche severa. Non è una persona arrendevole. Se solo Stefano Fassina si impegnasse a proseguire sul risanamento del debito e sul rispetto della legge del 1993 guadagnerebbe certamente consenso tra i miei sostenitori“.