Politica e gossip vanno a braccetto, spesso sovrapponendosi e, altrettanto spesso, mettendosi i bastoni fra le ruote. Ora, non vogliamo discutere nel merito del matrimonio di Virginia Raggi e Andrea Severini, però una domanda me la pongo lo stesso: quanto la lettera scritta da un marito a una moglie, quest’ultima oltretutto personaggio pubblico, può aiutare in tal senso il neo sindaco di Roma? Molti di voi avranno letto quanto scritto da Selvaggia Lucarelli, giornalista de Il Fatto Quotidiano, in merito alla lettera del piagnone Severini e della sua missiva, ritenuta senza se e senza ma inopportuna a fronte dei prossimi e immediati problemi che la Raggi dovrà affrontare da primo cittadino della Capitale; parimenti, molti hanno visto nelle parole di Severini un grande gesto d’amore e sincerità, l’idillio del reciproco rispetto tra due persone che continuano a stimarsi anche se le loro vite sono sul punto di separarsi affettivamente. A fronte di tutto ciò, ho deciso di schierarmi in favore della collega Lucarelli per due ordini di ragioni:
- I panni sporchi si lavano in casa e la vita privata, se non preclude giuridicamente un qualche incarico pubblico, è intimità che va tutelata agli occhi di tutti. Si separano milioni di persone e se ne separeranno altrettanto fino alla fine dei tempi: del fatto che Severini soffra di questo fatto poco ce ne cala, a noi interessa che la Raggi sia un bravo sindaco e insieme alla sua giunta risollevi la città.
Il fatto di non avere scheletri nell’armadio non dà diritto a nessuno di spiattellare gli affari miei in ordine sparso. Vero, in pratica l’ho già detto, però è giusto insistere su questo punto: la rete – tanto cara ai grillini – non può e non deve essere un pozzo senza fondo dove buttare la prima cosa che ci viene in mente solo perché oggi si fa così.
Ok lo spirito internauta, insomma, ma usare il proprio blog nell’estremo tentativo di riprenderti tua moglie non fa bene a te, né a lei. L’amore può resistere alle peggiori tempeste, ma se anche noi ci mettiamo a tirargli addosso secchiate, vedi che poi la sua conclusione naturale può essere soltanto una; lo penso e ne sono convinto. Credo che in tutta questa storia sia mancato in realtà sia il tempismo che l’occasione. E sotto sotto quello di Andrea può apparire a chi si nutre di gossip insieme l’estremo tentativo di riprovarci e un non meglio precisato mea culpa per aver dissipato un amore che ora sembra finito. Oppure sarcasmo, dove il marito paraculeggia per mettere in difficoltà l’ormai (quasi) ex moglie dimostrando una superiorità non meglio precisata. Allora gli ottimisti si battono la mano sul cuore, piangendo lacrime di gioia. L’amore trionfa e buonanotte ai suonatori. Il secondo gruppo sbava e si gode la propria dose di perfidia quotidiana. “Tutto molto bello“, direbbe Bruno Pizzul.
Parliamoci chiaro: sono stato appena eletto sindaco di Roma, la Capitale d’Italia, e nemmeno a momenti, che l’intero Cda di Ama si dimette e tu te ne esci con quella lettera? Se Severini voleva tentare un drop, ha mancato i pali clamorosamente. Forse sarebbe stato meglio giocare alla mano, se mi permettete di insistere con la metafora rugbista.
Ma se tanto lo spirito internauta non può essere contenuto, mi permetto di dar ragione ancora a Selvaggia Lucarelli: era meglio un whatsAPP. Che non è una lettera scritta di tuo pugno con la penna e calamaio, ma pur sempre qualcosa che le si avvicina. Finché è possibile, secondo me, la vita privata va preservata e, anzi, deve venire prima di qualsiasi cosa. La dietrologia spiccia non va alimentata, perché la differenza fra scrivere di bene o di male sta in una virgola. Ci vuole poco a diventare lo zimbello di tutti e nulla conta se eri armato da buoni propositi. Non bastano. Soprattutto se devi avere a che fare con centinaia di migliaia di persone, soprattutto se quel messaggio è rivolto a chi ha ricevuto in carico una delle patate più bollenti di questa sgangherata politica. Cioè amministrare il comune di Roma.
Inutile dire che io non lo avrei fatto, proprio perché secondo me proteggere una persona è proprio impedire in primis che le nostre scelte le si rivoltino contro, rivitalizzando eventuali suoi detrattori. E poi, non tutto può essere detto o confessato con la stessa leggerezza. Nemmeno scritto. Nemmeno su internet.