Alla fine sarà ballottaggio tra Virginia Raggi (M5s) e Roberto Giachetti (Pd). A separare i due aspiranti sindaco di Roma, 10,3 punti percentuali (35,2 vs 24,9), a favore della candidata grillina. Un margine rassicurante che però potrebbe essere risucchiato dalle eventuali indicazioni di voto degli illustri esclusi, Meloni e Marchini, dovessero queste mai arrivare. Chi è in vantaggio in questo momento, insomma, potrebbe trovarsi senza gregari sul più bello – la Raggi – mentre l’altro – Giachetti – ritrovarsi all’ultima tappa vincitore alla Vincenzo Nibali versione Giro d’Italia 2016. Inoltre, se ciò non bastasse a rendere il voto del secondo turno tutt’altro che scontato, nondimeno la idiosincrasia pentastellata a patti del Nazareno o simili, potrebbe giocare a sfavore della giovane avvocato Raggi; i voti del primo atto non solo dovranno essere confermati, infatti, ma dovranno essere rimpinguati da quelli di coloro che non lo hanno fatto – gli astensionisti – e da quelli degli orfani di un partito/movimento di riferimento.
La Casaleggio Associati – Un analisi a parte merita invece il discorso sul direttivo e l’influenza dei senatori 5 stelle dal momento in cui Virginia Raggi dovesse imbracciare la fascia tricolore di primo cittadino della Capitale. Nel mio titolo ho parlato, non senza cognizione di causa, della Raggi come possibile sindaco a tempo. Perché? Tutta colpa delle ultime vicende che hanno visto cittadini di fede grillina costretti a dimettersi – vedi Quarto dove la Capuozzo è stata invitata a dimettersi e così ha fatto dopo alcune reticenze – e altri invece no, come Filippo Nagarin, il sindaco di Livorno, indagato. Non volendo esprimermi su Nagarin e la Capuozzo e lungi da me nel mettere sullo stesso piano un possibile/probabile nonché futuro sindaco di Roma la quale potrebbe essere la Virginia Raggi, il problema comunque si pone: per quale motivo dovremmo votare un sindaco che potrebbe essere destituito a secondo dell’aria che tira all’interno del suo partito o peggio di un codice etico pericolosamente ad personam? Molti hanno attaccato il Movimento 5 stelle definendolo un gruppo di politici il cui destino è legato ad aspetti umorali piuttosto che di scopo della Casaleggio Associati – e in particolare di Beppe Grillo – dopo la scomparsa del cofondatore del movimento, Gianroberto Casaleggio. Una chiave di volta che spesso ha funzionato come arma d’attacco degli altri candidati sindaco; la Raggi è stata accusata di essere un cane al guinzaglio del comico genovese, oppure un po’ più finemente dipendente della Casaleggio Associati di cui sopra, pronta a fare quel che decide il padrone e non quel che serve alla città che aspira a governare.
Il codice etico – Di contro la Raggi ha spiegato che “Il codice etico che ho sottoscritto con orgoglio, serve per rispondere ai cittadini e se io dovessi essere indagata, loro potranno chiedere – continua – le mie dimissioni ed altrettanto potrà fare il garante del codice etico (Beppe Grillo) se saranno i cittadini a chiederglielo. Credo – prosegue – che sia la massima espressione di trasparenza, onestà e coerenza di un eletto all’interno delle istituzioni, che deve amministrare per nome e per conto dei cittadini“. Eppure, non me ne voglia la candidata 5 stelle, se da una parte possono essere i cittadini e chiederne le dimissioni in caso di avviso di garanzia, rimane comunque quella postilla per cui il garante del codice, Beppe Grillo, può imporre il suo veto. Insomma, l’idea di un sindaco destituito di punto in bianco a Roma non pare cosa accettabile, perché se voto di rottura deve essere, i cittadini vogliono vederlo a frutto questo voto e non trovarsi fra due anni un sindaco alla Pizzarotti, dissidente, oppure un sindaco morbido e teleguidato da lontano. Ecco, la paura di una siffatta ipotesi potrebbe dunque spingere il voto e Roberto Giachetti a un insperato recupero, fatto salvo far leva sulla base elettorale – l’ho già detto più su – orfano di una propria rappresentanza. Sperando sempre che il secondo turno non sia un altro, ennesimo esempio di astensione.