Giovanni Valentino Gentile è stato un teologo e riformista italiano che arrivò ad abbracciare l’antitrinitarismo (negazione della Trinità di Dio). Nato intorno al 1515 da Francesco Gentile e Margherita, si trasferì a Napoli per iniziare gli studi umanistici e lì seguì la pubblicazione di alcuni scritti di Giano Anisio, umanista legato al mondo accademico pontiniano e al movimento vadesiano. Nel frattempo Gentile tornò a Scigliano, suo paese di origine, ma solo per un breve periodo perché poi tornò nella città partenopea e si avvicinò all’Accademia degli Ardenti.
Nel 1550 visse a Palermo e ancora una volta tornò a Scigliano per aggregarsi all’Accademia Cosentina di Nicolò Franco. Fu il suo appoggio alle dottrine antitrinitarie a renderlo un bersaglio delle autorità di Ginevra, città in cui fuggì intorno al 1556. Lì Calvino, infatti, iniziò a combattere le dottrine alle quali aveva aderito Gentile che, infatti, fu tra i pochi a non sottoscrivere da subito la confessione di fede trinitaria, che poi fu imposta. Tuttavia il teologo continuò a manifestare opinioni opposte e fu arrestato a seguito di una denuncia. Fu sottoposto a processo e condannato, ma fu liberato dopo essere stato sottoposto a penitenza pubblica e aver bruciato i suoi scritti.
Scappò da Ginevra e si rifugiò prima a Farges, poi a Grenoble e Chambéry e, infine, di nuovo a Farges, dove fu nuovamente arrestato dopo essere stato riconosciuto. Stavolta, però, non subì nessun processo grazie al pagamento della cauzione. Ma la sua battaglia sulla questione gli fu fatale e l’11 agosto 1566 fu nuovamente arrestato e, stavolta, le autorità non furono permissive: fu condannato a morte e il 10 settembre successivo fu decapitato pubblicamente.