Cary Grant, al secolo Archibald Alexander Leach, è ricordato come uno degli attori hollywoodiani più brillanti e raffinati del Novecento e il pubblico ebbe modo di apprezzarlo in oltre cento pellicole.
Nato a Horfield il 18 gennaio 1904 da Elias James Leach e Elsie Leach Maria, non visse un’infanzia felice e questo a causa della situazione familiare che lo circondava: il padre era un alcolizzato, la madre soffriva di depressione. Proprio la madre lo avvicinò al mondo dello spettacolo e per lui tutto cambiò quando partì per gli Stati Uniti insieme alla compagnia La Penders: ottenne un discreto successo e quello rappresentò l’occasione per restare a prima a New York in cerca di fortuna e poi a Hollywood.
Apparve in film polizieschi e drammatici, il suo fascino gli portò l’assegnazione del ruolo di seduttore accanto a donne fatali dell’epoca, ma nel 1935 George Cukor pensò a lui come protagonista nella commedia “Il diavolo è femmina” con Katharine Hepburn e lì ebbe la possibilità di mostrare tutto il suo talento. Proprio insieme a lei recitò in film come “L’orribile verità”, “Incantesimo”, “Gunga Din” e “Scandalo a Filandelfia” e si affermò come principale figura delle cosiddette commedie sofisticate.
Ma il suo talento gli permise di lavorare anche per registi come Alfred Hitchcock, che lo volle in film come “Notorious”, “Il sospetto”, “Caccia al ladro” e “Intrigo internazionale”.
Un successo che però non gli fece mai passare la sensazione di non essere totalmente apprezzato e, infatti, nell’arco della sua carriera ricevette due sole Nomination agli Oscar (un’assegnazione alla carriera nel 1970) negli anni Quaranta e cinque ai Golden Globe.
Maturò così l’idea di lasciare la scena e lo fece nel 1966, nel pieno della gloria. Il suo ultimo film fu “Cammina, non correre” e dopo quello tornò al teatro, passione che non l’abbandonò mai fino alla morte, che avvenne proprio mentre ultimava i preparativi dello spettacolo “An evening with Cary Grant” accanto alla quinta e ultima moglie Barbara Harris. Colto da malore, decise di non andare subito in ospedale, ma la situazione peggiorò nel giro di poche ore e quella stessa sera, era il 29 novembre 1986, morì a causa di un’emorragia interna. Per lui nessun funerale pubblico, come richiesto espressamente.