Anche James Pallotta, presidente della Roma ha ripercorso il 2016 della sua squadra e ha parlato di tre argomenti chiave nella rassegna pubblicata sul sito della società: l’esonero di Garcia, l’arrivo di Spalletti e Totti. Mandare via il tecnico francese non è stata una decisione complicata visto l’andamento della squadra, ma si rammarica di non ave preso in mano la situazione nei mesi precedenti, quando i segnali erano già apparsi:
“È stata una decisione relativamente facile da prendere, considerata la serie di partite senza vittorie e l’ottima squadra che avevamo a disposizione, sebbene molte persone pensassero che avremmo dovuto aspettare la fine dell’anno. Credo che la squadra stesse subendo un rapido calo dal punto di vista psicologico. Se non avessimo fatto nulla, non saremmo mai potuti arrivare tra le prime cinque, figuriamoci qualificarci per la Champions League al termine della stagione. Non ero soddisfatto di come andavano le cose in termini di prestazioni durante gli allenamenti. A dicembre, quando i giocatori ti confessano che non riescono a entrare in forma, qualcosa deve pur voler dire. I calciatori dovrebbero dirti “Sono distrutto, non ce la faccio più”, ma invece sostenevano di “non riuscire a entrare in condizione”. Credo che avrei dovuto farlo prima. Già la stagione precedente avevo notato alcuni segnali. Le cose stavano cambiando dal primo al secondo anno e ce n’erano ancora due, quindi non era così semplice. Provi a far arrivare persone che credi possano essere d’aiuto, ma c’è stata l’incapacità di accettare ogni tipo di aiuto. Io credo che la squadra debba lavorare insieme e che ci debba essere collaborazione a tutti i livelli ma si stava andando verso il “io lavoro così e basta”. Non c’era la volontà nemmeno di ascoltare alcune delle persone che erano lì per dare una mano. Noi non vogliamo rappresentare questo tipo di organizzazione”.
SPALLETTI – “La scelta di Spalletti era quasi naturale perché era certamente la migliore opzione disponibile. Lui ha avuto un’esperienza a Roma di grande successo: conosceva alcuni giocatori, il club, l’ambiente e il calcio italiano. Era la persona con le migliori chance di essere efficace sin dal primo giorno e anche per le stagioni future. Questo è il motivo per cui abbiamo scelto Luciano. È stata la passione, il modo in cui parlava di strategia, di tattica, e di come allenava i giocatori. Durante gli allenamenti, prima, non si parlava praticamente mai di strategia e tattica. Magari in altri paesi non è poi così importante ma in Italia”.
TOTTI – “Ha dimostrato che può avere ancora un ruolo importante e quelle partite sono state fondamentali per la qualificazione in Champions League”. Sul rinnovo: “Non direi che il nuovo contratto sia stato un premio per le sue prestazioni. Nel corso dell’anno avevamo già parlato più volte del fatto che alla fine della stagione avremmo discusso della situazione basandoci su come si sentiva lui. Mentre molte persone, anche nei media, hanno continuato a chiedersi per tutto l’anno perché non avessimo fatto questo o quello, per me si trattava semplicemente di questioni che riguardavano soltanto noi. Era una cosa tra Francesco e me e, come squadra, non potevamo permettere che i nostri affari diventassero una discussione pubblica. Non avrebbe avuto senso. Il contratto non è stato una ricompensa, semplicemente Francesco pensava di poter continuare a giocare e noi credevamo che potesse dare ancora il suo contributo, dopo aver parlato con lui e con il nostro staff”.