Galileo Galilei, astronomo, fisico, matematico e filosofo italiano, nacque a Pisa il 15 febbraio 1564 da Vincenzo Galilei e Giulia Ammannati, che ebbero altri sei figli. Nella sua città natale fece la conoscenza di Muzio Tebaldi, un doganiere del luogo, e Bartolomea Ammannati, sua cugina. Studiò a Firenze, poi si iscrisse all’Università di Pisa, scelta dal padre per fargli seguire medicina, ma lui piano piano si appassionò alla matematica e si trasferì a Firenze per approfondire gli argomenti scientifici, tra cui la meccanica. Fu lì che costruì i suoi primi strumenti e formulò i primi teoremi. Nel 1589 ottenne la cattedra di matematica a Pisa, dove insegnò fino al 1592 – un anno prima morì il padre e lui divenne il capofamiglia – poi fu l’Università di Padova a cercarlo e lui accettò l’incarico e lo mantenne fino al 1610.
Negli anni padovani condusse diversi esperimenti sul moto accelerato, inventò il termoscopio, conobbe Marina Gamba e con lei ebbe tre figli, due femmine e un maschio, coi quali ebbe un rapporto complesso dato che alle prime due fece prendere i voti (una sola rimase in contatto con lui), mentre il figlio lo riconobbe solo molti anni dopo e nel frattempo la compagna era già morta. Dal punto di vista professionale, invece, quegli anni lo videro avvicinarsi alla teoria copernicana del moto planetario.
Uno strumento che attirò particolarmente la sua attenzione fu il telescopio, al quale apportò delle modifiche e grazie al quale cominciò a osservare la Luna. Fu in quel periodo che notò quattro satelliti di Giove: Callisto, Callisto, Ganimede e Io. Rientrato a Firenze, continuò a osservare i pianeti e nel frattempo fu ammesso all’Accademia dei Lincei.
Le sue scoperte, però, destarono scalpore perché in modo sempre più chiaro andò contro quelle che erano interpretazioni del mondo religioso e scientifico, entrambi a favore della teoria tolemaica del moto, per schierarsi a favore della teoria copernicana. Fu per questi motivi che papa Urbano VIII vietò la distribuzione di “Dialogo sui due massimi sistemi del mondo” e chiese di processare lo scienziato.
Inutili gli elogi ricevuti per l’opera scritta, Galileo, già malato, fu costretto a comparire a Roma, dove fu interrogato, minacciato e costretto a ritrattare le proprie opinioni (abbandonare i pensieri pro Copernico). Fu la fine di ciò che aveva imparato e insegnato: la sua resa, infatti, significò abbandonare il metodo secondo il quale alla base di tutto si pone l’osservazione e la verifica dei fatti, anche se contro le vecchie credenze della scienza.
Imprigionato, negli ultimi anni di vita – quelli da libero cittadino – ebbe uno scambio epistolare con Alessandra Bocchineri, più giovane di trent’anni. E lui, ormai 66enne, dovette fare i conti con l’aggravarsi della sua condizione di salute e con la cecità. Morì l’8 gennaio 1642 ad Arcetri.