Il 19 gennaio 2005 i miliziani somali si resero protagonisti della distruzione del cimitero italiano di Mogadiscio, radendo al suolo quel luogo sacro in cui si trovavano migliaia di tombe e che risaliva al periodo coloniale italiano.
Non era la prima volta, un episodio già si verificò negli anni Novanta quando Carmine Fiore, comandante della missione nostrana in Somalia dichiarò di aver ritrovato tombe scoperchiate e corpi saccheggiati. Inizialmente si parlò di fanatismo religioso, della volontà di non avere cimiteri non musulmani nel territorio, ma poi andò delineandosi anche la pista che portava a tutt’altre motivazioni, quelle della speculazione edilizia.
Oltre settecento tombe furono immediatamente profanate e i resti dei corpi furono gettati in mare, ma ci furono anche persone che dichiararono di aver visto bambini giocare con ossa umane. Inevitabili le scuse dell’allora vice premier e ministro dell’Interno della Somalia. In seguito le spoglie degli oltre 700 italiani furono recuperate e trasferite a Bari.