Chi da piccolo non ha mai preso in mano un mattoncino della Lego e dato libero sfogo alla propria fantasia? Mentre per alcuni la passione per le forme di plastica finisce varcata la soglia dell’età adulta, per altri si trasforma in vero e proprio lavoro. Questo è ciò che è successo a Nathan Sawaya.
L’artista statunitense, si è cimentato nella costruzione di sculture con i Lego fin da piccolo. Quando i suoi si rifiutano di comprargli un cane, non si da per vinto e ne costruisce uno interamente con i Lego. Da quel momento capisce che con i mattoncini può realizzare tutto ciò che vuole. Anche se per un breve periodo ha accantonato la sua passione per dedicarsi alla carriera di avvocato, il lato fanciullesco e la fantasia non lo hanno mai abbandonato del tutto. Così nel 2000, lascia la sua fiorente carriera newyorkese e si dedica all’antica passione infantile, i mattoncini colorati.
Dal quel momento l’ex avvocato, supportato dalla sua infaticabile fantasia, crea una serie si opere, oggi racchiuse nella mostra “The art of the Brick”. L’esposizione presenta alcune tra le sue creazioni migliori, incarnazione di uno dei suoi principi “Nuota controcorrente. Segui la tua strada. Trova il coraggio dentro di te”. E’ questo, ciò che si ritrova passeggiando all’interno delle sale, in un’atmosfera intima e suggestiva.
Le opere più personali, più intime danno il via alla mostra. I ritratti della moglie, suo sostegno e fonte di ispirazione, sono alternati a ritratti di personaggi famosi, come il quadro dedicato a Andy Warhol. La scelta di ritrarre il simbolo della pop art non è stata casuale. L’arte di Nathan sembra giocare con il mondo rappresentato dall’artista.
La vera essenza della mostra emerge quando si incontrano le sculture personali. In esse l’artista sembra voler indagare la duplicità e il malessere dell’uomo. Qui, infatti, viene rappresentato l’uomo con i suoi dissidi interiori. Rappresentativo è il volto che emerge da una tela squarciata, o la figura che si dissolve come sciolta dalla vita frenetica o quella priva di una parte del corpo. Sono opere molto vicine al surrealismo, esempi sono la scultura che regge la testa staccata dal corpo, o il corpo che si inginocchia davanti alle sue mani in frantumi.
Il dialogo con l’arte “ufficiale”, è presente lungo tutto il percorso della mostra, in particolar modo nella sezione dedicata alla riproduzione di opere famose. L’atmosfera qui muta, la sala risulta più luminosa, vengono abbandonate le atmosfere cupe e intimiste della prima parte. L’artista sembra giocare con le grandi opere del passato. Possiamo ammirare “La ballerina” di Degas, “Notte stellata” di Van Gogh, “L’urlo” di Munch e “Il bacio” di Klimt, tutte riprodotte in 3D con i mattoncini della Lego.
Dopo aver passeggiato tra le opere dell’artista statunitense, ciò che si avverte è una visione dell’arte del tutto nuova. L’opera o il capolavoro del grande artista, non sono più qualcosa di irraggiungibile, bloccati nella loro maestosità. Grazie a Sawaya, l’opera scende dal suo piedistallo e diventa l’arte di tutti, diventa un gioco che può essere realizzato attraverso piccoli mattoncini colorati e una grande fantasia.
Francesca Baranello