A depositare il brevetto n. 174.465 riguardante il telefono, strumento destinato a rivoluzionare per sempre il mondo della comunicazione, fu Alexander Graham Bell il 7 marzo 1876, ma per oltre un secolo tenne banco una domanda fondamentale: l’invenzione andava riconosciuta a lui o al fiorentino Antonio Meucci?
L’inventore italiano iniziò a lavorare sul telefono intorno al 1834 e nel dicembre del 1871 depositò presso l’Ufficio Brevetti statunitense, a Washington, il caveat n. 3335 dal titolo Sound Telegraph in cui descriveva la sua invenzione, in attesa di trovare i fondi necessari per depositare il regolare brevetto. Si rivolse alla Western Union sperando di trovare il sostegno di cui aveva bisogna ma fu tutto inutile e due anni dopo l’americano Bell depositò un brevetto di un oggetto oggetto uguale a quello che Meucci aveva rinominato “telettrofono”. Era il telefono.
Tentò una causa contro Bell, la Corte Suprema andò contro l’americano e il brevetto venne annullato per frode e dichiarazione del falso, ma poi Meucci mo e la causa non portò a conclusioni.
La decisione finale arrivò nel 2002, dopo oltre un secolo, quando la grande invenzione del telefono fu attribuita all’inventore italiano dal Congresso degli Stati Uniti. Era l’11 giugno 2002.
“La Camera – dice la risoluzione – intende dare riconoscimento alla vita e alle conquiste di Meucci, prendendo atto del lavoro da lui svolto nell’invenzione del telefono […] avendo dato fondo ai risparmi, Meucci non poté commercializzare l’invenzione, pur avendone fornita una dimostrazione nel 1860 e avendola pubblicata sul giornale italiano di New York”.