Il 12 marzo 1610 uscirono Venezia le 550 copie della prima edizione del Sidereus Nuncius, il trattato di Astronomia scritto da Galileo Galilei stampato da Tommaso Baglioni. Scritto in latino, in seguito si pose il quesito sulla traduzione del titolo e questo, che letteralmente sarebbe stato “messaggio proveniente dalle stelle” fu abbreviato a “messaggero celeste”.
Nel Sidereus Nuncius, volumetto composto da meno di 100 pagine, fece un riassunto delle scoperte effettuate dal 1609 quando, grazie all’uso di un cannocchiale, studiò la superficie lunare, analizzò la Via Lattea, da lui vista come un ammasso di stelle e corpi celesti, e osservò Giove.
LE SCOPERTE SULLA LUNA – La superficie lunare si pensava fosse liscia, ma Galileo Galilei smentì questa credenza e, infatti, scrisse dei crateri scoperti grazie alle ombre create dalla luce solare.

LA VIA LATTEA – L’osservazione della Via Lattea lo portò ad affermare quanto segue:
“Quel che fu da noi in terzo luogo osservato, è l’essenza, ossia la materia, della stessa Via LATTEA, che in virtù del cannocchiale è dato scrutare tanto sensibilmente, da esserne risolte, con la certezza che è data dagli occhi, tutte le dispute che per tanti secoli tormentarono i filosofi, e noi liberati da verbose discussioni. È infatti la GALASSIA nient’altro che una congerie di innumerevoli Stelle, disseminate a mucchi; ché in qualunque regione di essa si diriga il cannocchiale, subito una ingente folla di Stelle si presenta alla vista, delle quali parecchie si vedono ab- bastanza grandi e molto distinte; ma la moltitudine delle piccole è dei tutto inesplorabile […] le Stelle chiamate fino ad oggi dai singoli astronomi NEBULOSE, sono greggi di piccole Stelle disseminate in modo mirabile”.
SU GIOVE – Nel Sidereus Nuncius studiò anche Giove e scoprì quattro satelliti naturali chiamati pianeti medicei (in onore di Cosimo II) che – su suggerimento di Simone Marius – vennero chiamati Io, Europa, Ganimede e Callisto.