Era l’8 giugno 1976 quando le Brigate Rosse vendicarono il “no” di Francesco Coco, un magistrato italiano, alla trattativa che nel 1974 avrebbe dovuto portare alla liberazione del giudice Mario Sossi (che alla fine fu rilasciato) in cambio del rilascio di alcuni componenti del Gruppo XXII Ottobre.
Nato in Sardegna il 12 dicembre 1908, negli anni Trenta rivestì il ruolo di giudice istruttore a Nuoro, poi divenne sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Cagliari e lì ebbe modo di destreggiarsi tra diversi casi di sequestro di persona. Poi, tra gli anni Sessanta e Settanta divenne procuratore della repubblica di Genova, dove si occupò del caso Sossi, sequestrato proprio dalle BR. Fu lui a presentare un ricorso per bloccare la scarcerazione degli otto componenti della banda e, di fatto, annullò quanto stabilito in Cassazione.
Fu proprio questo evento a far entrare Francesco Coco nel mirino dell’organizzazione criminale che in seguito si vide minacciare attraverso scritte comparse sui muri della città ligure. Ma non si trattava di semplici minacce perché quell’8 giugno, intorno alle 13.30, andò in scena un agguato e lui rimase ucciso insieme ai due agenti della scorta. Stava salendo i gradoni della Salita Santa Brigida, vicino via Balbi, quando Coco e il brigadiere Giovanni Saponara furono colpiti alle spalle da decine di proiettili. La stessa tragica sorte toccò anche a Antioco Deiana, l’appuntato chiamato a sostituire un collegaalla guida della Fiat 132.
Il giorno dopo, durante un processo che si stava tenendo a Torino ai danni dei capi storici delle Brigate Rosse, Prospero Gallinari lesse un comunicato con cui l’organizzazione rivendicava l’attentato.