Quella delle Case Magdalene è una storia controversa e che vede contrapporsi da un lato la versione dei cattolici, dall’altra quella raccontata negli anni e al centro dell’attenzione mediatica anche grazie al film “Magdalene” (2002) di Peter Mullan, che ha attirato su di sé anche critiche per via delle accuse rivolte alla donna che l’ha ispirato, Kathy O’ Beirne, che secondo i suoi familiari non sarebbe mai stata portata in una delle strutture e nona avrebbe mai subito nessun abuso.
Nate come istituti di accoglienza per ragazze orfane o considerate peccaminose a causa di alcuni loro comportamenti considerati inadeguati dalla società dell’epoca, quanto narrato circa il trattamento riservato alle giovani donne è tutt’altro che lusinghiero: costrette a restare nelle strutture gestite da suore di vari ordini, le ragazze conducevano una vita fatta di preghiere e lavoro all’interno delle Case Magdalene (non essendo retribuite erano alti i profitti), conosciute anche come le Lavanderie Magdalene, dovevano sottostare a regole rigide e a punizioni in caso di trasgressione.
L’attenzione nei confronti di questi istituti aumentò negli Novanta, periodo in cui scoppiò un vero e proprio scandalo con le dichiarazioni di alcune donne cresciute nelle Case e che portarono alla luce storie di violenze, dall’abuso fisico a quello psicologico e sessuale messo in atto tanto dalle suore quanto dai preti. Versione sempre contestata dalla Chiesa Cattolica, ma che non ha impedito al governo di Dublino di scusarsi nei confronti delle ragazze che furono rinchiuse lì, una stima di circa 30mila ragazze, e costrette a lavorare senza mai essere pagate. L’ultima Casa Magdalene fu chiusa il 25 settembre 1996.