La Corte di Cassazione ha accertato che il macchinista deve sempre controllare che tutte le porte sono chiuse.
Rimanere bloccati e incastrati tra le porte del vagone di una metropolitana è un incidente più comune di quanto si possa pensare. Lo Studio Legale Cataldi ha analizzato una recente sentenza della Corte di Cassazione che ha esaminato proprio questa situazione e gli aspetti legati ai danni causati alla persona.
La domanda è semplice: esiste una possibilità di risarcimento dopo essere rimasti incastrati? La risposta è affermativa, anche se il passeggero non è sceso in tempo, visto che bisogna valutare le responsabilità di chi stava conducendo la Metro.
I giudici di piazza Cavour si sono occupati del ricorso di una donna contro un’azienda di trasporti: la signora ha chiesto il risarcimento per il malfunzionamento delle porte. La passeggera era rimasta bloccata a causa della chiusura automatica, riportando anche delle lesioni.
Il Tribunale le aveva rifiutato qualsiasi pagamento, precisando che l’incidente era avvenuto per colpa sua (aveva ignorato le segnalazioni acustiche). Si è poi cercato di capire se erano state adottate tutte le misure per scongiurare l’incidente, in particolare la presenza di dispositivi anti-schiacciamento.
La ricostruzione è stata accolta dalla Cassazione: secondo la Suprema Corte, infatti, il macchinista aveva l’obbligo di controllare che tutte le porte fossero state chiuse ermeticamente prima di ripartire, mentre nel caso della signora la metropolitana aveva percorso un breve tragitto prima di liberarla.
Il risarcimento è dunque possibile. Va comunque precisato che il passeggero deve in ogni caso dimostrare che esiste una relazione tra il trasporto e il danno (il cosiddetto onere della prova).