Angelo Spagnoli, il Cecchino di Guidonia, torna a casa. il killer, dopo aver ucciso due persone e averne ferite delle altre sparando da un tetto nel 2007, dalle 16 di giovedì scorso è in cura presso la Asl di Via Fratello Gualandi in quello stesso paese alle porte di Roma che lo vide protagonista assoluto del bagno di sangue del 3 novembre di sei anni fa.
“Appena l’ho visto – ha raccontato una delle guardie giurate che prestano servizio alla Asl – la mente è riandata alla strada piena di sangue e dei segni dei proiettili. Giovedì scorso era accompagnato dalla sorella, abitano proprio qui davanti, e devo dire che si sono rivolti a noi con estrema gentilezza”.
Il caso destò scalpore nel 2007. I colpi partirono proprio da un balcone di Via Fratello Gualandi, una traversa di via Tiburtina, che è anche la stessa della sede dell’Asl dove è stato visto di recente. Il bagno di sangue, allora, si fermò solo dopo che Spagnoli ebbe finito le munizioni e l’intervento delle forze dell’ordine. A perdere la vita, quel 3 novembre, furono la guardia giurata Luigi Zippo e il proprietario di un negozio di tatuaggi Pino Digianfelice.
Quella di giovedì, però, non è stata la prima visita presso la Asl del piccole centro. Lo scorso Natale si era già legato presso la struttura, non visto da nessuno, fatto entrare da una porta secondaria. Durante il processo fu riconosciuta a Spagnoli l’incapacità di intendere e volere e ne fu predisposto il ricovero coatto in un ospedale giudiziario per 10 anni. Negli ultimi anni, Spagnoli ha goduto di permessi speciali concessi dagli psichiatri dell’ospedale di Aversa, provincia di Caserta.
“I magistrati – ha raccontato Antonella Follieri, avvocato di Spagnoli – sulla base delle perizie hanno ritenuto che non c’è pericolosità sociale, quindi gli hanno concesso questi permessi a Natale e a Pasqua. Ora si trova di nuovo in ospedale ad Aversa”.
Il mese scorso, nel frattempo, è arrivata l’assoluzione per la mamma e la sorella di Spagnoli, accusate di omicidio colposo e detenzione in concorso di arma illegale, per non aver denunciato l’arsenale custodito dall’uomo, un assoluzione che ha scatenato le protesto dei familiari delle vittime.
Roma, 29 aprile