Piccola panoramica sui municipi di Roma. A farla è stata la Uil del Lazio con Eures per l’Osservatorio sulle spese per la politica. Da questo studio è risultato che: il I municipio, che ora comprende anche la zona di Prati, è il più “caro” e in un anno emana più delibere di tutti gli altri; il II Municipio, che comprende i quartieri Salario e Parioli, è il più “colto”, con il maggior numero di laureati tra i suoi residenti, seguito dal I e dal XII; il XIII Municipio risulta è il “più giovane”, con un’età media di 39 anni.
Le donne sono le più istruite, circa il 60% sono laureate rispetto al 30% degli uomini. Numeri che si ripercuotono anche in campo amministrativo; nelle giunte il 66% delle donne ha una laurea, contro il 36% degli uomini. 15 amministratori sono in possesso solo della licenza media. Sul 10 amministratori, tre sono di sesso femminile, per arrivare al 50% del totale nei municipi I, VII, XII, Tuscolano e Aurelio. Il VII e il Tuscolano sono diretti da una donna.
Passiamo ai compensi: lo stipendio dei 99 assessori e dei 360 consiglieri municipali ammonta in totale a 6.3 milioni di euro, circa 3 volte la spesa annua di Roma Capitale e due terzi di quella regionale. Le retribuzioni delle 15 giunte risultano maggiori della somma degli stipendi della Giunta Capitolina e di quella regionale. Un compenso mensile si aggira sui 3.807 euro lordi per i presidenti, 2.855 per i vicepresidenti e 2.474 per gli assessori. I 54 dirigenti municipali hanno un’entrata annua di 110 mila euro procapite.
Capitolo delibere: il I con i suoi 480 mila euro è il municipio che incassa di più, mentre il più “economico” con soli 362 mila euro anni è il IV. Tor Bella Monaca risulta il meno produttivo, con una sola delibera approvata, seguito dal XV e dal XIV. La maggioranza delle delibere riguardano nomine, affari interni e cultura, ma anche occupazione di suolo pubblico, gestione delle piccole aree verdi e manutenzione delle strade.
Osserva Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil di Roma e Lazio : «Amministrare quartieri grandi quanto un’intera città non può significare occuparsi soltanto o preminentemente di insegne non a norma o ripristino della viabilità, ma ogni municipio dovrebbe poter legiferare autonomamente in materia ad esempio di scuole e servizi sociali e beneficiare di finanziamenti direttamente proporzionali alle esigenze del territorio. Invece al Campidoglio spetterebbe un’attività ispettiva capillare. Solo così il decentramento acquisirebbe davvero un senso». Inoltre aggiunge che sarebbe necessaria: «una distribuzione differente delle risorse, attualmente basata solo sulla densità demografica, un maggior controllo da parte del Campidoglio e, soprattutto, un maggiore scambio tra l’amministrazione centrale e quelle periferiche».
Roma, 29 aprile