Si aggrava sempre di più il bilancio della tragedia in una miniera di carbone in Turchia. L’esplosione, avvenuta il 13 maggio a Soma, nell’ovest del paese, forse per un cortocircuito, ha intrappolato centinaia di minatori. Di questi 205 sono sicuramente già deceduti, soprattutto per le esalazioni di monossido di carbonio. Poiché le maschere in dotazione ai minatori imprigionati hanno un’autonomia tra i 45 minuti e l’ ora e mezza, i soccorritori hanno subito pompato nelle gallerie aria fresca, ma non è bastato. Il ministro turco Taner Yildiz non precisa il numero delle persone ancora imprigionate; secondo lui Quando è avvenuta l’esplosione nella miniera erano presenti 787 operai, 360 dei quali, secondo la stampa, sarebbero riusciti a fuggire. Dopo che centinaia di soccorritori divisi in quattro squadre hanno lavorato per ore (alcuni sono stati ricoverati per le esalazioni nocive), la speranza di trovare qualcuno ancora in vita è sempre più debole, perché quasi tutte le gallerie della miniera sono rese inagibili dalle fiamme e dal fumo.
Le problematiche della sicurezza della miniera sono al centro di numerose polemiche già da molto tempo. Solo due settimane fa il Chp, il principale partito dell’opposizione, aveva chiesto un controllo proprio per scongiurare altre vittime in quanto 2013 in vari incidenti sono morti 93 minatori, ma la proposta era stata bocciata dall’Akp. Ora ai parenti, ammassati davanti ai cancelli dello stabile, proprietà di un società privata, non resta che aspettare.
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Roma, 14 maggio