Accordo tra Russia e Cina. Per almeno dieci anni hanno provato a vendere gas alla Cina e finalmente ce l’hanno fatta. Il gigante russo Gazprom e la Cnpc (azienda pubblica petrolifera cinese) hanno siglato a Shanghai uno fra più importanti accordi sul mercato di riferimento, che potrebbe cambiare gli assetti geopolitici del mercato energetico globale. Il contratto è stato firmato dopo due giorni intensi di trattative alla presenza del presidente russo Valdimir Putin e del primo ministro cinese Xi Jinping. Il patto avrà una durata di trent’anni e riguarderà soprattutto la fornitura di metano, per un totale di 38 miliardi di metri cubi all’anno (la metà dei consumi italiani). La fornitura sarà garantita grazie ad un gasdotto della lunghezza di 2.200 chilometri, dalla Siberia alla Cina orientale. Il lavori per la costruzione della conduttura devo però essere ancora iniziati costruire.
Il prezzo, però, è ancora oggetto del contendere tra i due paesi, pur a fronte di una fornitura trentennale stimata dagli esperti attorno a 456 milioni di dollari. Un ulteriore ostacolo che segue quello relativo alla possibilità di rinegoziare i termini del contratto: del resto i cinesi sono particolarmente restii nell’introdurre queste procedure all’interno dei loro accordi commerciali. Inoltre, in virtù di questi aspetti ancora da definire, non è stato rivelato al momento il differenziale tra il prezzo pagato all’ingrosso e quello che sarà sottoposto ai destinatari finali del bene in questione.
La mossa di Putin è volta a spostare quanto più possibile ad est la frontiera del mercato in questione, disincagliandosi dall’esclusività europea, al momento il principale canale di sbocco del gas di cui la Siberia è ricca spostare. L’obiettivo, nemmeno troppo velato, è quello di lanciare un messaggio all?europa soprattutto dopo i fatti accaduti in Ucraina, ma anche per trovare nuovi canali di sbocca per quanto riguarda la crisi delle energie rinnovabili. In riferimento ai consumi, tra l’altro, più di un terzo del metano consumato nell’Eurozona viene dalla Russia, con punte fino al 100 per cento nei paesi baltici, il 90 per cento della Bulgaria e l’80 di Slovacchia e Ungheria.
L’Europa è dal 2013 il primo acquirente russo in risorse energetiche, con 160 miliardi di metri cubi acquistati, eppure, già a partire da quest’anno la Cina da sola potrebbe diventare un mercato ancora più grande. A Pechino si è già deciso di aumentare del 20% le importazioni di gas, riducendo il peso dei combustibili fossili utilizzati nella produzione dell’e energia elettrica, per arrivare a 186 miliardi di metri cubi.
E viste le intenzioni russe, Bruxelles si è subito preoccupata di lanciare un messaggio al Cremlino. “La fornitura di gas all’Europa non deve essere interrotta, conto sulla Russia perché mantenga i suoi impegni, è responsabilità di Gazprom assicurare le consegne di gas come stabilito dai contratti con le società Ue”: così il presidente della Commissione Josè Barroso in una lettera a Vladimir Putin. Il presidente della Commissione ricorda anche a Putin che “la Ue si aspetta che la Russia attivi un sistema di allerta” che avverta con largo anticipo semmai le forniture dovessero subire interruzioni. “La Ue si aspetta che tutte le parti restino affidabili fornitori e partner di transito, perché è anche nel loro interesse”.
Più recenti invece i rapporti economici tra Cina e Russia. Consolidato infatti l’interscambio commerciale, questo ha raggiunto i 90 miliardi di dollari nel 2013, sette volte di più del 2003, ma che è ben lontano dai 370 miliardi dell’interscambio tra Russia ed Europa.
L’accordo nasconde retroscena ancora più complessi. Come spiega Matteo Verda, ricercatore dell’Ispi, l’Istituto per gli studi internazionali di Milano. “Più che una minaccia all’Europa, si tratta di una diversificazione del business. Putin e Gazprom vogliono aprire un mercato parallelo, visto che, tra l’altro, i giacimenti che verrebbero usati per rifornire la Cina non sono gli stessi che servono l’Europa”. Per l’analista, il fatto di aprire in mercato alternativo può portare dei vantaggi anche a Bruxelles: “Non è male se la Russia trova altri acquirenti del suo gas, perché questo significa dare più stabilità ai conti del Cremlino. Siccome l’Europa è il primo mercato per Mosca, in caso di instabilità economica, le ripercussioni sono immediate”.
Roma, 21 maggio