Dopo qualche voce, ieri è arrivata l’ufficialità: è fallita la Sais spa, la società che ha venduto l’area dell’ex ippodromo di Tor di Valle alla Eurnova di Luca Parnasi per 42 milioni, il 25 giugno 2013. Il fallimento della società di Antonio e Gaetano Papalia, che aveva fatto richiesta di concordato preventivo il 26 giugno 2013 al tribunale di Roma, sembra dunque rimettere in gioco anche la vendita a Parnasi, visto che l’articolo 67 della legge fallimentare prevede anche la revoca degli atti precedenti di 6 mesi o un anno il fallimento.
A tranquillizzare però i tifosi e la Roma lo stesso Gaetano Papalia: “I tifosi della Roma possono star tranquilli per quanto riguarda le sorti dello stadio – dice a ReteSport – Non ci saranno difficoltà nè problemi dopo questo fallimento. Il contratto è antecedente alla presentazione del concordato, può essere revocato, ma non si tratta di un prezzo vile, il senso di responsabilità prevarrà sul curatore fallimentare. Questo contratto offre risorse alla Sais che sono doppie rispetto alle richieste dei creditori. Noi faremo reclamo dopo il fallimento: la società non versava assolutamente in condizioni di insolvenza nei confronti di chi aveva presentato l’istanza di fallimento. Il concordato non è stato accordato per un vizio di forma, ma anche lì è piuttosto debole la motivazione del giudice, però questo provvedimento è inappellabile. C’è ottimismo sul reclamo. Nessuno si sognerebbe di revocare un contratto quando non c’è possibilità di spuntare un prezzo più alto per la vendita dei terreni. Sono state rispettate tutte le scadenze di pagamento. Udienza del 14 dicembre? E’ fissata solamente per la verifica della consistenza della platea creditoria. Oggi i debiti della Sais non superano il credito che la società vanta sull’acquirente del terreno. Il concordato prevedeva il pagamento integrale al 100% dei creditori, anche quelli non privilegiati. E’ una vicenda totalmente staccata da quella dello stadio. Il percorso intrapreso non verrà intaccato. Luca Parnasi ha fatto un lavoro importante, non credo che tutto ciò possa essere smantellato. La revoca del contratto non darebbe garanzie ai creditori”.
Roma, 6 giugno