Roma, 26 luglio 2014 – All’interno della Rai, un dipendente su dieci fa causa e vince nel 66% dei casi. Ci sono persone che lavorano in Rai con la qualifica di programmista regista, contratto a tempo determinato, che passano da un programma all’altro, e svolgono più ruoli, un giorno poi si stufano e fanno ricorso al giudice del lavoro e e sono assunti con contratto giornalistico e con qualifica di caporedattore.
I casi – Vi sono persone assunte con contratto a tempo indeterminato, che non ottenendo una qualifica adeguata, fanno causa per mobbing, incassando poi diverse centinaia di migliaia di euro a titolo di risarcimento. Tali persone sono segretarie precarie, impiegati, operatori. I ricorsi sono fatti per diversi motivi: ricostruzioni di carriera, ottenere una qualifica superiore, ottenere un risarcimento. Tutti questi ricorsi hanno creato negli anni un contenzioso enorme ed hanno dato gioia agli avvocati e studi legali. Basti pensare che 1300 dipendenti su 13 mila si sono rivolti ad avvocati per poter fare ricorso alla Rai.
Il direttore generale, Gubitosi, fa presente che tutto questo per l’azienda ha un costo elevato. Abusi, assenza di controlli, aumento appalti esterni per chi lavora nelle reti, hanno provocato tutto questo, contribuendo a mandare sotto i conti bancari.
I numeri – Al 30 aprile 2013 la sezione di controllo della Corte dei conti ha contato 2563 procedimenti pendenti. Una parte di questo è composta dal contenzioso per il lavoro. Su 605 richieste di reintegro o assunzione, in 340 ce l’hanno fatta. Il 66,41% dei ricorsi finisce con una sconfitta legale. Nel 61,27% dei casi la sentenza prevede anche un congruo risarcimento danni. Colpa della Rai o colpa dei troppo i furbi?
Accordo anni 80 – Vi è con un accordo che fece storia nella metà degli anni ’80 i tele cineoperatori Rai. Per loro venne creata una corsia parallela, fino al fargli ottenere una qualifica: giornalisti a pieno titolo (Tco) con la benedizione dell’Usigrai, il sindaco interno. Le problematiche sorgono soprattutto con i collaboratori dei programmi realizzati da società esterne. Per evitare la solita ondata di ricorsi, nell’ ultimo concorso bandito per rimpinguare gli organici delle sedi regionali, sono stati ammessi anche gli esterni che hanno lavorato per i vari talk show: “Porta a porta”, “Ballarò”, “La vita in diretta”.