Libero Grassi è stato un imprenditore siciliano, ucciso dalla mafia dopo essersi rifiutato di pagare il pizzo. Nato a Catania il 19 luglio 1924, la famiglia si è trasferita a Palermo quando aveva otto anni. È cresciuto in un ambiente antifascista e ben presto anche lui ha maturato un’avversione nei confronti del regime. Nel 1942 si è trasferito a Roma per studiare Scienze Politiche ed è entrato in seminario per sfuggire alla chiamata alla armi.
Dopo la Liberazione è tornato a Palermo per studiare Giurisprudenza. Ben presto ha preso in mano l’attività del padre ed è entrato nel mondo dell’imprenditoria. Preso di mira da Cosa Nostra che pretendeva il pagamento del pizzo, Libero Grassi si è sempre opposto alla mafia ed è arrivato a denunciare gli estorsori. In suo aiuto sono accorsi i dipendenti, ma questo non ha salvato Grassi, che ha firmato la sua condanna a morte pubblicando una lettera sul “no” detto alla mafia sulle pagine del Giornale di Sicilia.
Il suo impegno l’ha portato avanti partecipando anche a Samarcanda su Rai 3, dove ha rilasciato un’intervista a Michele Santoro. Ma questa lotta l’ha portata avanti da solo perché nessuno ha avuto il coraggio di combattere al suo fianco. Il 29 agosto 1991 è stato assassinato. Stava andando a lavoro, solo e senza scorta in una città piegata alla volontà della mafia. Alle 7:30 è stato ucciso da Salvo Madonia, figlio del boss della zona, perché poteva essere un cattivo esempio per i commercianti della zona, che avrebbero potuto alzare la testa prendendo esempio da lui.
“Io non sono pazzo a denunciare, io non pago perché non voglio dividere le mie scelte con i mafiosi perché io ho fatto semplicemente il mio mestiere di mercante. C’è un mercato? Bene, io non posso cedere le mie decisioni imprenditoriali alla criminalità”.
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Per l’omicidio di Libero Grassi sono stati condannati Marco Favolaro nel 1997, Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pietro Aglieri nel 2004.