Roma, 3 ottobre 2014 – Dopo l’addio di Riccardo Muti, il Teatro dell’Opera di Roma certifica lo stato di crisi: licenziati gli orchestrali e i coristi. A deciderlo il consiglio di amministrazione che ha approvato l’esternalizzazione dell’orchestra e del coro e l’avvio della procedura di licenziamento collettivo. E a renderlo noti è il sindaco, Ignazio Marino. “Un percorso – ha detto Marino – mai intrapreso prima nel nostro paese, ma l’unico che può, in un momento drammatico per il nostro Teatro dell’Opera, portare a una sua vera rinascita. IIl doloroso e recente messaggio di Muti ha determinato una frenata degli abbonamenti e una fuga degli sponsor. In una decisione così drammatica questo procedimento coinvolgerà 182 unità di personale su 460, non riguarda gli altri 278“. E annuncia: “Al momento non abbiamo deciso di procedere alla cancellazione dell’Aida del 27 novembre. Noi auspichiamo che tutti o parte di musicisti e artisti del coro si riuniscano e formino un soggetto. Ci sono 75 giorni per capire ed eventualmente trattare e definire il percorso successivo. Se si organizza tutto nel migliore dei modi dal 1 gennaio il teatro dell’Opera potrebbe aver nuova orchestra e coro“.
Risparmi che, secondo il sovrintendente del teatro Carlo Fuortes, si aggireranno sui 3,4 milioni: “È una scelta molto dura e sofferta. Pensiamo che questa strada possa sventare le decisione di una chiusura. Se si organizza tutto nel migliore dei modi dal 1 gennaio il teatro dell’Opera potrebbe aver nuova orchestra e coro“. Intanto insorgono i sindacati. “La decisione del Cda della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma di avviare la procedura di licenziamento collettivo di 182 persone tra musicisti di orchestra e coro è veramente drammatica. È un colpo mortale all’Opera, ma anche alla cultura a Roma e in Italia“, dice in una nota Paolo Terrinoni, segretario della Fistel Cisl di Roma e del Lazio. “Come sindacato critichiamo fortemente la decisione presa dal Cda e dal Sindaco Marino adesso attendiamo una convocazione urgente da parte di Fuortes. Destrutturizzare ed esternalizzare in questo modo è rischioso, crea un precedente pericoloso che potrebbe fare da apripista nelle decisioni di altre fondazioni anche in Italia. Certo è -che l’atteggiamento tenuto nei mesi scorsi da parte della Cgil e dei sindacati autonomi, con gli scioperi in occasione della stagione estiva di Caracalla e la decisione di non firmare il piano di risanamento, ha ulteriormente danneggiato il teatro e ogni iniziativa sindacale intrapresa. Noi come Cisl siamo convinti che un atteggiamento diverso da parte di Cgil e autonomi avrebbe impedito di arrivare a questo punto e probabilmente avremmo ancora Muti a dirigere il Teatro dell’Opera“.
“Non c’è nessuna volontà di chiudere il Teatro dell’Opera nè tantomeno di lasciare qualcuno a casa. Al contrario, rispetto a una situazione drammatica e alla concreta ipotesi del fallimento, la scelta è quella di rilanciare l’Opera rifondando il sistema delle relazioni e utilizzando un nuovo modo di lavorare che non intacchi gli artisti e i lavoratori“, dice invece il governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti. “Anzi, nelle condizioni date, è necessario dare a tutti una nuova speranza fondata sul rilancio del Teatro. Chi l’ha fatto in Europa ha vinto. Ora ci sono 75 giorni per valutare e decidere sulle caratteristiche di questo nuovo rapporto che potrà e dovrà vedere gli artisti protagonisti. Quest’anno abbiamo fatto di tutto per sostenere il Teatro versando in pochi mesi risorse che si aspettavano da anni. Noi lavoriamo per questo obiettivo, il rilancio dell’Opera, ricordando, in primo luogo a noi stessi, che gestiamo soldi dei cittadini che devono essere impiegati sempre con trasparenza e cura“.
