Nel processo Cerroni si sospetta una frode sulla produzione di cdr (combustibile da rifiuto) nell’impianto di trattamento meccanico biologico di Albano. Manlio Cerroni, arrestato quasi un anno fa, si è presentato ieri all’udienza a suo carico, davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Roma. L’impianto gestito dalla Pontina Ambiente, società del gruppo di Manlio Cerroni, è stata registrata una attività anomala. Inoltre è stato ascoltato un testimone: Massimo Lelli, maresciallo del Servizio operativo centrale dei Carabinieri. Secondo quanto riportato da Massimo Lelli, la Pontina Ambiente non avrebbe svolto totalmente il suo compito. La Pontina Ambiente, autorizzata dalla Regione la tariffa di 82 euro a tonnellata per produrre e incenerire il 29% del combustibile derivato da rifiuto, avrebbe invece riversato nella discarica una consistente parte del cdr o del rifiuto secco non raffinato. Grazie a questa operazione illecita, come testimonia lo stesso Massimo Lelli, l’impianto gestito dal gruppo di Manlio Cerroni, avrebbe accumulato “un ingiusto profitto di 4,8 mln dal 2006 al 2010“.
Questa presunta frode sarebbe tutta a danno dei comuni del bacino che, portando i loro rifiuti indifferenziati nell’impianto di Albano, pagavano la tariffa come se quel 29% di cdr venisse prodotto. A quanto sembra, però, in base all’accusa, non era così. Massimo Lelli ha ricordato che nonostante Pontina Ambiente sostenesse che “40.600 tonnellate l’anno di cdr sarebbero andate a termovalorizzazione, cioé il 29% delle 140mila tonnellate annue di rifiuti indifferenziati in ingresso nel tmb di Albano, quel 29% non è mai stato raggiunto“. E anche che “la potenzialità dell’impianto era di 183mila tonnellate annue e vedendo le tabelle dei rifiuti in ingresso ci sono livelli superiori alle 140mila tonnellate e quindi anche il quantitativo totale di cdr prodotto doveva essere superiore“. Invece “nel 2002 il cdr era dello 0,09%, nel 2003 del 3,09%, nel 2004 del 20%, nel 2005 del 18%, nel 2006 dell”11,50%, nel 2007 del 7,90%, nel 2008 del 15,20%, nel 2009 del 6,40% e nel 2010 del 14,30%. Siamo di fronte a dati che si discostano di molto dell’assetto autorizzativo, anche su scarti e metalli“.
Ma la testimonianza che lascia più di stucco è che, sempre secondo Lelli, la Regione fosse a conoscenza del mancato rispetto di quanto previsto dall’autorizzazione dell’impianto del gruppo di Cerroni, e che avrebbe dovuto rivedere al ribasso la tariffa del trattamento materiale biologico e quella della discarica di Roncigliano, anch’essa della società Pontina Ambiente, nella quale si riversavano più rifiuti di quanti erano previsti. “C’erano delle comunicazioni che Pontina Ambiente faceva alla Regione sui quantitativi gestiti in in ingresso e in uscita dal tmb, la Regione ne era a conoscenza e non ha attivato alcuna procedura: avrebbe dovuto attivare dei percorsi di rivisitazione della tariffa” ricorda Lelli.
La Pontina Ambiente giustificava lo sversamento di rifiuti che dovevano andare a termovalorizzazione “con la mancata accettazione da parte degli impianti di Colleferro di alcuni carichi ma sui formulari di identificazione del rifiuto non abbiamo mai riscontrato circostanze del genere“. Gli uomini del Soc hanno invece riscontrato altre situazioni ambigue: “Pontina Ambiente aveva rapporti contrattuali solo con Ep sistemi e Mobilservice (le società che rispettivamente detengono i due inceneritori di Colleferro), nonostante nel Lazio vi fossero altri impianti e il cdr, in quanto rifiuto speciale, avrebbe potuto trovare collocazione anche in termovalorizzatori fuori dal Lazio e stipulava con queste società all’inizio di ogni anno contratti che prevedevano un avvio di cdr inferiore rispetto alle potenzialità del suo impianto di tmb.“
7 gennaio 2015