“Sono personaggi che si conoscono, non da un punto di vista personale, si rispettano e c’è il riconoscimento di ruolo tra i capi dei gruppi che operano sullo stesso territorio“. A riferirlo è stato il il procuratore aggiunto, Michele Prestipino, all’interno della conferenza stampa relativa ai 61 arresti per Camorra a Roma della notte. In particolare, sono stati confermati rapporti tra il capo del gruppo, Domenico Pagnozzi, e quello di Mafia Capitale, Massimo Carminati. “Non c’è un tavolo di regia – sottolinea Prestipino – ma dalle intercettazioni si capisce che c’è contezza dell’altro. Ognuno sa dell’esistenza degli altri gruppi criminali che operano a Roma“.
Scambio di favori – Le indagini, iniziate nel 2009, hanno portato allo scoperto un sodalizio tra Domenico Pagnozzi e Mchele Senese. Lo scambio di favori avrebbe riguardato, secondo gli investigatori, soprattutto fatti di sangue. I due clan si sarebbero dati manforte circa alcuni efferati delitti avvenuti nella Capitale: la mano d’opera che arrivava da Napoli e poi spariva dopo aver compiuto l’omicidio. I legami di Pagnozzi, 56 enne originario San Martino Valle Caudina (Av), beneficiario del cosiddetto indultino del 2005, pare comprendessero relazione ulteriori con Casalesi, tanto che nemmeno la misura di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Roma per otto anni riuscì a intimidirlo dai traffici illeciti che gli vengono imputati. E’ infatti risalente all’agosto del 2009 il fermo a Montesarchio, in provincia di Benevento, quando gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Avellino lo bloccarono nella chiesa dove si era recato per partecipare ad un matrimonio. Il clan Pagnozzi – come ha sostenuto l’ex Procuratore aggiunto della Dda di Napoli, Federico Cafiero de Raho, “ha sempre mantenuto un profilo attivo sul territorio anche grazie all’alleanza con il clan dei Casalesi e Schiavone“; con cui si incontrava spesso in una masseria.
I napoletani della Tuscolana – Le indagini in particolare hanno confermato come il gruppo gestisse nello specifico lo spaccio in alcuni quartieri della periferia sud-est di Roma, Centocelle, Borghesiana, Pigneto e Torpignattara. Oltre al traffico di stupefacenti, l’organizzazione traeva parte dei suoi introiti da attività estorsiva, attuata attraverso forme di intimidazione. Il recupero crediti in questione veniva effettuato, nel caso, anche per conto di terze persone. Il clan di Pagnozzi si era posto l’obiettivo di monopolizzare il controllo e la distribuzione delle slot machine nell’area Tuscolana e di Cinecittà.
Gruppo voleva espandersi – “Siamo convinti che il gruppo volesse espandere il proprio raggio di azione soprattutto per quanto riguarda le piazze di spaccio di droga“, ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Roma, il generale Salvatore Luongo. “È un sodalizio criminale autoctono che nasce con matrice camorristica, ma si sviluppa nella capitale“, ha aggiunto Luongo, sottolineando che “tra gli indagati ci sono esponenti di spicco della criminalità romana come Massimiliano Colagrande“. Questi, individuato come il cassiere del clan pare fosse a stretto contatto con esponenti dell’estrema destra frequentati dallo stesso Carminati. Sempre secondo gli inquirenti Colagrande si sarebbe occupato personalmente della monetizzazione del patrimonio appartenuto a Giuseppe Valentini, ucciso nel 2005 nell’ambito di un regolamento di conti legato all’ambiente del narcotraffico.
“Grazie a Forze dell’Ordine e Magistratura” – “Desidero ringraziare a nome mio e dell’amministrazione regionale le Forze dell’ordine e la Magistratura per l’ottimo lavoro svolto nella lotta alla criminalità organizzata che ha portato all’individuazione di un’organizzazione per delinquere di matrice camorristica con l’arresto di 61 persone”. Lo afferma il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. “Un’indagine condotta dagli agenti del Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma – aggiunge – ai quali va un ringraziamento particolare per l’impegno profuso che ha permesso di smantellare un sistema radicato nel territorio con lo spaccio di sostanze stupefacenti, usura, estorsione, riciclaggio e altri gravissimi reati. Si tratta di un’operazione che dimostra come attuando un ferreo controllo del territorio e indagini scrupolose si possa estirpare il terreno fertile sul quale le organizzazioni mafiose tentano di mettere le radici“.
https://www.youtube.com/watch?v=NVEoE4ryNng&feature=youtu.be
10 febbraio 2015