Licenziato dallo Stato ma costretto a lavorare per lo stesso: il caso, così, passa alla Consulta. E’ la storia di un funzionario statale, commissario governativo al vecchio debito del Comune di Roma, Massimo Varazzani, licenziato dallo Stato in seguito il ricorso vittorioso, inflitto da parte del suo predecessore Oriani, che nonostante tutto non ha riottenuto l’incarico. Sembra un racconto inverosimile, in quanto si possa chiedere se un lavoratore statale possa esser costretto dal suo stesso Stato, di proseguire incarichi lavorativi, nonostante sia stato licenziato. All’incirca un mese fa, il Premier Matteo Renzi ha annullato il provvedimento con il quale il potere esecutivo di Silvio Berlusconi gli aveva attribuito quell’incarico, come commissario governativo, sostituendolo al magistrato della Corte dei Conti, Domenico Oriani. Una scelta intrapresa al fine di evitare una pessima figura di fronte allo Stato Italiano, tanto che è stata anticipata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, nel quale Oriani avvia un ricorso contro quel decreto attuativo dell’anno 2011. L’esito di quest’ultimo è risultato negativo ma allo stesso tempo scontato, per via di una sentenza da parte della Corte Costituzionale. Così, il caso passa alle mani della Consulta. Ma prima, si sintetizza il percorso di quei fatti avvenuti in precedenza. Nell’anno 2010, il Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, attribuisce l’incarico di commissario governativo alla persona di Varazzani, uno degli scampati dalla Cassa Depositi e Prestiti, attraverso un decreto di nomina, il quale prevede simultaneamente l’assoluzione dello stesso Oriani, che però si definisce contrario, provvedendo ad un immediato ricorso, accolto dal Tar. Le più grandi teste del Ministero dell’Economia, a quel punto, decidono di ricorrere ai ripari, trovando come soluzione l’immissione nella nota norma delle “milleproroghe”, un provvedimento che impone una precedente e certificata esperienza nell’ambito privato, per poter assumere l’incarico di commissario al Debito di Roma; esperienza significativa che possiede lo stesso Massimo Varazzani, essendo dirigente all’epoca di Intesa San Paolo. Mentre Oriani è assente da questa questa maturità lavorativa. Parte, un’altra volta di lì, un nuovo ricorso, stavolta affidato alle mani della Consulta, appunto. Il tempo scorre e nel mese di luglio del 2014, gli stessi giudici annunciano che si tratti di una norma anti – costituzionale, in virtù del fatto che quella disposizione emanata, nella quale un incarico a carattere pubblico deve essere condizionato da una trascorsa esperienza lavorativa nel campo privato, non possa essere ammissibile. Si giunge dunque, all’udienza convocata il 28 gennaio 2015, nella quale il Tar sarebbe obbligato a revocare il secondo decreto legislativo di nomina del funzionario Varazzani, ponendo al primo posto, per la seconda volta consecutiva, in seguito ai ricorsi esposti, Domenico Oriani. Visti gli sviluppi della situazione, il governo decide di abrogare, autonomamente, quel vecchio provvedimento, al fine di evitare il giudizio. Questa volta, l’udienza del 28 gennaio, nella quale appunto il Tar doveva rendersi conto che il Tesoro aveva abbandonato la questione e la situazione si doveva concludere per la cessata materia del contendere, rivela però una svolta, un cambio di programma: i legali difensori di Oriani si oppongono, stavolta, alla legge secondo la quale Varazzani dovrebbe esser licenziato, piuttosto optano per un’altra sentenza. A questo punto, la Corte dei Conti, dove Oriani assume le vesti di Presidente Onorario, sceglie di non registrare il decreto, con la conseguenza che il Tar sposta l’udienza al mese di aprile . Nonostante tutto, Varazzani, per le lente e articolate azioni burocratiche, è costretto a proseguire i suoi incarichi lavorativi, ovvero continuare la carica di commissario abusivamente, dovendo firmare di continuo quegli atti, indispensabili per legge, al fine di contrastare il rischio di default, dove si parla di miliardi di euro, una situazione al quanto delicata e ricca di responsabilità, le quali non possono attendere i capricci burocratici. Infatti, fin quando non viene stabilito un successore, lo stesso Varazzani non può sbarazzarsi del suo incarico sulla Cassa dei Debiti e dei Prestiti. Al momento, nessuno ha provveduto a scovare un nuovo sostituto, incuranti della questione che sta travolgendo lo stesso commissario. Del resto, non si potrà scegliere neanche la persona di Oriani per assumere l’incarico, in quanto ora ha l’età di 79 anni e nel mese di ottobre riceverà la pensione. Si propone quindi, il nome del Segretario Generale del Comune di Roma, Liborio Ludicello, tra tutti gli altri candidati, scelta che richiede, ovviamente come per consuetudine italiana, altro tempo prezioso. Gli avvenimenti, che hanno caratterizzato questa al quanto non ordinaria storia, ha causato perdita di tempo e soldi dei contribuenti, inseriti in una vicenda giudiziaria inverosimile, in seguito alla superficialità di alcuni che non sanno come rimediare, che tra l’altro, non saranno ritenuti responsabili neanche di tutto ciò che è proseguito. Infatti, a farne le spese sono stati soltanto gli interessati e i contribuenti, vittime delle continue incompetenze e mancanze burocratiche, spendendo una marea di soldi. Quindi, al momento il funzionario licenziato dallo Stato deve continuare a lavorare.
di Erika Lo Magro
15 febbraio 2015