Morire a 15 anni su un campo di calcio, durante un’amichevole. Rincorrere un pallone e accasciarsi a terra di fronte ai tuoi compagni di squadra increduli; il cuore che smette di battere, i tentavi di rianimarlo. Valerio Stella è morto così, colpa un malore improvviso, il 2 aprile scorso, sul terreno del campo Cetorelli di Fiumicino, stroncato da un aneurisma aortico. Valerio ha lottato finché il suo fisico glielo ha permesso, fino alle ore 16:30 del pomeriggio, ora del decesso dopo il ricovero al San Camillo di Roma.
Valerio aveva 15 anni, giocava a calcio ed era benvoluto dai suoi amici e compagni di squadra. Valerio era un tifoso della As Roma e come molti altri ragazzi, sognava un futuro da calciatore. I suoi amici lo sapevano e per l’ultimo saluto avevano scelto di esporre uno striscione allo Stadio Olimpico in sua memoria. Un ultimo saluto e una promessa: perché lo sport può e deve unire. Lo sport è un potente mezzo di aggregazione; lo sport può e deve essere strumento di crescita dei valori, fra cui l’amicizia e il rispetto. “Valerio Vive“, ecco cosa era stato scritto sullo striscione a cui è stato impedito di varcare gli spalti dello stadio. Uno striscione tanto innocuo quanto semplice nel messaggio, ricordo vivo e indelebile degli amici di un 15 enne che aveva ancora tutta una vita davanti. Ufficialmente, tutti gli striscioni prima di affacciarsi sul terreno di gioco devono essere autorizzati dalla società, attraverso una richiesta che avanzata a mezzo fax. I ragazzi, che non sapevano della procedura, oltre che non essere sicuramente preparati, non hanno fatto tutto questo. “Come avremmo potuto in così poco tempo?“, hanno dichiarato in coro. Già, come avrebbero potuto? Per carità, i regolamenti ci sono, bisogno controllare, ma lo striscione era del tutto innocuo e tanto sarebbe bastato per autorizzare i ragazzi, che volevano dare il loro ultimo saluto esponendolo allo stadio. Il tutto mentre in curva sud appariva uno striscione accusatorio nei confronti della mamma di Ciro Esposito, rea, secondo gli autori dello striscione, di lucrare sulla morte del figlio, morto lo scorso anno prima della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli. Lungi da noi dal credere che la società giallorossa abbia autorizzato lo striscione diretto ad Antonella Leardi a discapito di quello rivolto a Valerio, il pasticcio che ne è scaturito è evidente e sotto gli occhi di tutti. Perché “Valerio Vive” non avrebbe portato certo alla squalifica e alla chiusura della curva da parte del giudice Tosel, come invece successo per colpa di alcuni ultrà “idioti” a detta di James Pallotta.
Marco Visconti – “Sabato, ad un gruppo di ragazzi di età compresa tra i 16 e i 20 anni, è stato impedito l’ingresso allo stadio di un piccolo striscione dedicato a Valerio, un giovanissimo calciatore di 16 anni, scomparso in settimana durante una partita.
Il presidente di Movimento Capitale, Marco Visconti, non ci sta! E in una brevissima dichiarazione, durante qualche intervista a radio e giornali locali, afferma “sabato mattina all’Olimpico, durante Roma-Napoli, è entrata la vergogna. Ma è rimasto fuori uno striscione innocente intitolato ad un ragazzino che non c’è più. Movimento Capitale si fa portavoce dell’indignazione per questa assurda contraddizione che può solo che contribuire ad allontanare i più giovani da un luogo di aggregazione meraviglioso come lo stadio“.
Errori su errori, dunque. Un pasticcio, come già detto, su cui riflettere. Lo sport così non si aiuta di sicuro, come non aiuta i ragazzi nel credere dei valori. Speriamo che al più presto i ragazzi possano portare il loro saluto là dove avrebbero voluto, che intervengano le istituzioni, se necessario. Tendiamo una mano ai ragazzi. Loro sono la parte bella del calcio che va raccontata.