Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale l’Italia si dichiarò neutrale in virtù dell’articolo 7 che univa l’Italia alle potenze della Triplice Alleanza (Germania e Austria). Se all’inizio tutti concordarono sulla decisione di non essere parte attiva del conflitto, in seguito si formarono opinioni ben distinte in Italia e così si crearono due linee di posizione ben distinte: da una parte i neutralisti, composti da giolittiani (per loro l’Italia non era pronta ad una guerra duratura che avrebbe richiesto un enorme sacrificio di risorse militari ed economiche), socialisti (per loro la guerra era voluta dalle potenze capitaliste ed imperialiste) e cattolici (il Papa era contro la guerra e loro seguirono questo orientamento); dall’altra parte gli interventisti composti da nazionalisti (la guerra era un mezzo per espandere il territorio), socialisti riformisti (per loro bisognava entrare nella Prima Guerra Mondiale per ottenere l’indipendenza dagli imperi centrali) e liberali (loro rivolevano i territori persi in passato e pensavano di poter diventare una super potenza).
Fu proprio questa divisione e quella possibilità di cogliere l’occasione per rivendicare le umiliazioni passate e per completare l’unità nazionale (mancavano le terre irredente, che la Triplice Intesa aveva garantito in caso di schieramento al proprio fianco) che portarono l’Italia ad entrare in guerra nel 1915. Il 26 aprile l’Italia sottoscrisse il Patto di Londra
Il 23 maggio l’Italia inviò la dichiarazione di guerra all’Impero austro-ungarico e il giorno successivo, il 24 maggio, iniziarono le operazioni dell’esercito. Alla Germania dichiarò guerra solo il 25 agosto 1916. Ad annunciare l’entrata nella Prima guerra mondiale furono due colpi di cannoni dal Forte Verena all’alba del 24 maggio. 650mila i caduti militari e altri 600mila i caduti civili, tutti morti per difendere il Paese dallo straniero