Indro Montanelli, all’anagrafe Indro Alessandro Raffaello Schizogene Montanelli, nato il 22 aprile 1909 a Fucecchio, è stato un giornalista e scrittore italiano. L’infanzia la trascorse nel suo paese natale e spesso era ospite del sindaco Emilio Bassi, che lui considerava parte della famiglia. Aveva appena 11 anni quando iniziò a soffrire di depressione. Lui stesso raccontò di non aver dormito e mangiato per mesi perché spaventato da tutto ciò che lo circondava. Quell’anno abbandonò gli studi.
I trasferimenti lavorativi del padre, un preside di Liceo, lo portarono a spostarsi in diverse in città. Si diplomò nel 1925 a Rieti. In quella città, insieme al figlio del prefetto, organizzò una manifestazione proprio contro preside e prefetto.
Si laureò in giurisprudenza con la lode a Firenze nel 1930, completando gli studi con un anno di anticipo. Due anni dopo si laureò, sempre a Firenze, in scienze politiche e sociali. Indro Montanelli scrisse i primi articoli per La Frusta di Rieti, poi per la rivista Frontespizio. Conseguita la seconda laurea iniziò una collaborazione con L’Universale, periodo di Firenze, che nel 1935 chiuse. A Parigi, al Paris-Soir, esordì come giornalista di cronaca nera nel 1934 e contemporaneamente scrisse per il quotidiano L’Italie Nouvelle.
Andò in Norvegia e in Canada in qualità di corrispondente e ben presto fu notato dalla United Press, che poi lo assunse. In occasione dell’invasione dell’Etiopia si offrì come inviato in zona di guerra, ma l’agenzia non accettò perché lo ritenne di parte in quanto italiano. Si arruolò, ma a causa di una ferita fu costretto ad abbandonare la guerra. Proprio in guerra scrisse il libro-reportage XX Battaglione Eritreo e sposò una 12 eritrea, che lo seguì durante la sua permanenza africana. Grazie al padre fu assunto dal quotidiano La Nuova Eritrea.
Nel 1936 tornò in Italia insieme al padre, ma ripartì per la Guerra civile spagnola come corrispondente per Il Messaggero. Gli articoli scritti in quel periodo gli causarono problemi con il regime fascista, soprattutto aggravò la sua posizione l’aver aiutato gli anarchici, che poi gli donarono anche la tessera della Federazione. Rientrato in Italia Mussolini lo fece espellere dall’albo dei giornalisti, gli tolse la tessera del partito. Il processo contro Indro Montanelli, che avrebbe potuto causargli l’esilio, non si fece e il suo amico Giuseppe Bottai, al tempo anche Ministro dell’Educazione nazionale, lo mandò all’estero per evitare ulteriori problemi.
Nel 1938 Indro Montanelli cominciò a lavorare per il Corriere della Sera, soprattutto grazie a Ugo Ojetti, che parlò di lui al diretto Aldo Borelli. Con lo scoppio della guerra andò al fronte e seguì le diverse invasioni. Nel 1942 sposò Margarethe De Colins De Tarsienne, conosciuta nel 1938, con la quale restò insieme fino al 1951. Tra il 1942 e il 1943 scritto per il Tempo e si associò al movimento Giustizia e Libertà.
Montanelli e consorte furono arrestati nel 1944, lui con l’accusa di aver pubblicato articoli diffamatori del regime nel corso del 1943, lei con l’accusa di non averlo denunciato. Per lui arrivò la condanna a morte, ma pochi giorni prima dell’esecuzione lo fecero fuggire dal carcere. Nel 1945 tornò in Italia e scrisse per La Domenica del Corriere, per poi tornare al Corriere della Sera, di cui divenne poi inviato speciale. Riallacciò i rapporti con Leo Longanesi e strinse amicizia anche con Dino Buzzati, che lo fece tornare a collaborare con La Domenica del Corriere, facendogli gestire una rubrica che in breve ottenne grande successo.Negli anni Indro Montanelli si definì anticomunista, anarco-conservatore e liberale. Tutte le sinistre, a causa dell’URSS, per lui non erano altro che un pericolo.
Dopo aver pubblicato il primo libro e diverse inchieste sul Corriere, a partire dagli anni Settanta, quando il quotidiano cambiò linea politica, lui espresse il proprio malumore in due interviste e si dimise prima di essere licenziato. Il suo articolo d’addio non fu mai pubblicato. Quel giorno accettò di collaborare con La Stampa e in seguito fondò Il Giornale Nuovo, dove ritrovò colleghi del Corriere. Montedison sostenne finanziariamente il progetto e lui rimase il proprietario della testata. Quello stesso anno, 1974, sposò Colette Rosselli, anche se la loro relazione iniziò già negli anni Cinquanta.
Alla conduzione del Giornale Montanelli curò una rubrica, promosse la propria idea della destra , una campagna di aiuto a favore dei terremotati del Friuli e invitò a votare DC nel 1976. Quell’anno, grazie all’invito di Mike Bongiorno, condusse la trasmissione Il giornale nuovo, anche questo un successo.
Il 2 giugno 1977 le Brigate Rosse attuarono un attentato nei confronti del noto giornalista e lo colpirono alle gambe. La notizia ebbe rilievo nazionale, anche se il Corriere e La Stampa cercarono di non metterla in risalto. Quando quell’anno Montedison finì di finanziare Il Giornale, Indro Montanelli accettò l’aiuto di Berlusconi, che nel 1979 divenne socio di maggioranza. Il rapporto procedette nel migliore dei modi fino al 1994. Poi però i due si divisero quando Montanelli decise di non sostenere la discesa in campo politico del suo capo e allora Vittorio Feltri fu chiamato a guidare il quotidiano.
Rifiutò di tornare al Corriere della Sera e fondò La Voce, che inizialmente voleva far diventare un settimanale. Lì trovò cronisti come Marco Travaglio, Peter Gomez e Beppe Severgnini. Ma le vendite non andarono bene e nel 1995 fu costretto a chiudere. Tornò a curare la Stanza di Montanelli per il Corriere.
Il 22 luglio 2001 morì nella clinica La Madonnina di Milano a causa di un’infezione delle vie urinarie che gli causò delle complicazioni. Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere, pubblicò il necrologio che scrisse lo stesso Montanelli in prima pagina. Migliaia di persone accorsero per rendergli omaggio nella camera ardente.