Roma, 29 ottobre – Mancano i registri, i fogli, la carta igienica ma si parla di ebooks, lavagne interattive e multimediali, di registri elettronici, software, open source, start up italiane, tablet e wi-fi. Hanno del ridicolo le dichiarazioni del ministro Maria Chiara Carrozza che ha detto una cosa mai sentita: «Lo Stato non pagherà altre infrastrutture per la digitalizzazione degli istituti scolastici, perché occorre che siano i privati a investire nella scuola pubblica italiana». Ciò che bisognerebbe far capire al ministro è che invece che spendere dei soldi nella digitalizzazione degli istituti, si dovrebbero finanziare gli strumenti basilari per poter far lezione; invece che spendere 15milioni di euro per il wi-fi nelle scuole, peraltro a carico dei comuni, si dovrebbero finanziare le strutture, le porte, i banchi, la carta, le fotocopiatrici. Trascorrere del tempo in una scuola potrebbe aiutare a capire in che stato versano le strutture italiane negli ultimi anni. Ma nessuno se ne cura, nessuno ne parla e le denunce dei genitori, degli insegnanti, rimangono un rumore di sottofondo, messo a tacere con paroloni tecnologici che non servono a nessuno.
Gli insegnanti, alcuni dei quali appartenenti alla vecchia generazione, quando internet neppure esisteva, si ritrovano alle prese con sistemi tecnologici che sono tutt’altro che avanzati. Al contrario, la loro mediocrità causa solo problemi. Un esempio? I registri elettronici. Gli insegnanti sono sottoposti a corsi si aggiornamento per le nuove tecnologie e usare un registro elettronico invece che il classico vecchio registro nel quale venivano appuntate le assenze, i ritardi, le note, è davvero complicato. Mancano i mezzi, per cui gli insegnanti talvolta sono obbligati all’acquisto di tablet per poter lavorare e in fin dei conti non possono farlo comunque perché è necessaria la copertura di una rete wi-fi adeguata, che, ovviamente non si trova da nessuna parte eccetto, forse nelle strutture private. Studiare e insegnare in una scuola pubblica è tutto un altro discorso. Ma non ci importano tutte quelle tecnologie tanto osannate dal ministro, non ci importa leggere sugli ebook e neppure segnare le assenze in registri elettronici. Sarebbe bello avere una vera scuola digitale, 2.0 ma non ci sono le strutture, non ci sono più neppure i libri. Quello che noi rivogliamo indietro, caro ministro, è la scuola.