Trapani, 26 ottobre – Sporcizia, mancanza di acqua potabile, di servizi igienici, di medicine. È una situazione disperata quella di Campobello di Mazara, comune in provincia di Trapani, dove ogni autunno, nel periodo di raccolta delle olive arrivano profughi da ogni parte d’Italia e non, si accampano alle porte del paese nella speranza di poter racimolare qualche euro lavorando nei campi. Sono circa 600 persone, provenienti soprattutto dal Sudan e dal Ghana, che vivono ammassate tra l’immondizia e le erbacce e aspettano qualcuno li recluti nei campi per raccogliere le olive.
I cittadini denunciano la situazione definita una vera e propria schiavitù moderna. «Più si entra nel vivo della stagione della raccolta, più arrivano nuove persone – raccontano gli abitanti» Ogni mattina passano i furgoncini a scegliere gli operai per una giornata di lavoro massacrante tra gli alberi di olive, e ad avere più possibilità di lavorare sono quelli che si sono già procurati a proprie spese il cibo e l’acqua per il pranzo: una manovalanza invisibile e a bassissimo costo, sfruttata ogni giorno per dieci o dodici ore, in cambio di due o tre euro per ogni cesto riempito. Un vero e proprio sfruttamento, una forma di schiavitù che travalica i limiti della decenza umana. Una situazione che fa evidentemente comodo a chi è disposto a chiudere gli occhi, vedendo tutte quelle persone vivere in condizioni disumane, pur di risparmiare qualche centinaio di euro sulla manovalanza.
Fonte: Il Fatto Quotidiano