Roma, 18 marzo – Il Salva Roma supera il primo scoglio: pregiudiziali bocciate, entro il 10 aprile la Giunta approverà il bilancio e il piano triennale di rientro. Durante il proprio intervento nella seduta straordinaria dell’Assemblea capitolina, il sindaco Ignazio Marino ha detto chiaramente che “Roma non può tecnicamente fallire perché il proprio patrimonio immobiliare e societario è largamente e enormemente superiore ai debiti che in questi anni sono stati contratti”. Si deve avviare un’opera di riforma che porti al riequilibrio dei conti, nel presente ma soprattutto nel futuro. Un obiettivo che si raggiunge, non con la messa in liquidazione delle società, ha detto il sindaco, ma con un processo “che contempli anche operazioni societarie più articolate quali fusioni, incorporazioni, senza escludere forme di apertura a nuovi soci pubblici o privati interessati allo sviluppo del business”. Dunque via alla vendita di pezzi di società non quotate in borsa, così come recita il dl Enti locali, e cioè ad esclusione di Acea, e “alla dismissione o alla messa in liquidazione delle società partecipate che non risultino avere come fine sociale attività di servizio pubblico”.
Ma ad attaccare il piano è l’ex primo cittadino Gianni Alemanno: “Da oggi Marino è destinato al commissariamento, per quello che ha detto nel suo intervento e, soprattutto, per quello che non ha detto. Nessuno dei nodi che sono stati evidenziati dal Salva Roma è stato realmente affrontato. Ma soprattutto, nessuna strategia alternativa è stata delineata per uscire da uno squilibrio di bilancio che nel 2014 può largamente superare il miliardo di euro. Se Marino prosegue nelle prossime settimane su questa strada il suo destino è segnato: dopo le europee sarà il Segretario del suo partito, oggi presidente del Consiglio, a constatare che l’ultimatum dato con il Salva Roma non è stato rispettato. Con tutte le conseguenze del caso”.
A rispondergli però è il vicesindaco Luigi Nieri: “Una delle prime e più importanti iniziative assunte da questa amministrazione è stata la decisione di coinvolgere il Ministero dell’Economia e delle Finanze al fine di effettuare una ricognizione super partes sui conti di Roma Capitale. Già dalle prime analisi condotte sui conti, a luglio 2013, emergeva un disallineamento di 816 milioni di euro. L’obiettivo era proprio prevenire i soliti balletti sulle cifre, ormai un classico nel passaggio di consegne. Ma questa volta Alemanno è in controtendenza e cerca di scaricare le responsabilità sull’amministrazione che lo ha succeduto, nonostante un bilancio del 2013 in esercizio provvisorio da mesi e risorse quasi completamente impegnate nel primo semestre dello stesso anno. Questa amministrazione, per uscire dalla difficile situazione ereditata, ha scelto la strada della trasparenza cercando di rafforzare alcuni ambiti, come il welfare e la manutenzione, colpevolmente trascurati negli ultimi anni. Il lavoro messo in campo da Roma Capitale è stato pensato proprio per riportare Roma in carreggiata e darle quel respiro e quella prospettiva di cui ha profondamente bisogno, senza privatizzazioni e senza costi sociali”.