6 aprile 2009: il terremoto di magnitudo 5.9 che distrusse una città e spezzò la vita di 309 persone, ferendone oltre 1500. Cosa è rimasto dell’Aquila 5 anni dopo il sisma? Resta una “città fantasma” che ancora non è tornata a vivere; è in attesa di una ricostruzione che restituisca alla popolazione la speranza nel futuro.
Dodicimila le persone che hanno partecipato ieri notte alla cerimonia in memoria delle vittime organizzata dai Comitati dei familiari delle vittime del terremoto. Intorno alle 23 è partita una fiaccolata commemorativa. Grande la commozione alla sosta davanti a uno dei luoghi-simbolo del sisma, la Casa dello Studente. Sotto il crollo rimasero le vite di otto giovani. Nella chiesa di Santa Maria del Suffragio (Anime Sante), l’arcivescovo, Giuseppe Petrocchi, ha celebrato la messa, con lettura dei nomi durante la preghiera eucaristica. “La ricostruzione dell’Aquila è soprattutto un’impresa spirituale. – ha detto l’arcivescovo – I familiari delle vittime hanno il diritto alla sofferenza e gli altri il dovere del rispetto della sofferenza”. Alle 3,32, ora della tragedia, i rintocchi della campana del Suffragio hanno ricordato le vittime del sisma ed è sceso tra la folla un silenzio durato fino al momento dei 309 rintocchi di campana in ricordo di chi non c’è più. “Rimane lo stesso lutto e lo stesso dolore. In questi giorni ci ricordiamo dei volti che ci hanno lasciati” ha detto il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente.
Cinque anni dopo il terribile sisma, che colpì gli aquilani nella notte tra il 5 e 6 aprile 2009, i segni di quella ferita sono ancora ben visibili. E nonostante cittadini e istituzioni, ciascuno con i propri mezzi, continuino a lottare per non arrendersi e alimentare la speranza, la realtà è ancora zoppicante. La ricostruzione ha sofferto di lungaggini burocratiche, confusione nelle regole e carenza di fondi, e ha costretto i giovani a fuggire lontano, non solo per la mancanza di lavoro ma soprattutto per la sfiducia sul futuro. Il capoluogo abruzzese è ancora oggi un cantiere a cielo aperto. A sfilare tra la gente il sottosegretario all’Economia, l’abruzzese Giovanni Legnini, per il quale il ministro ha firmato la delega alla ricostruzione. “È un fatto che la ricostruzione pesante sia partita e sono sicuro che non si fermerà. Gli aquilani – ha detto – sono sicuramente più fiduciosi. La rabbia e la delusione stanno lasciando spazio alla speranza. Ma questa è la notte della memoria e del dolore”. È bene distinguere tra ricostruzione privata e pubblica, come sostiene anche il presidente della Provincia dell’Aquila, Antonio Del Corvo “la ricostruzione privata è partita. Su quella pubblica è necessaria una seria ripartizione delle risorse altrimenti si rifanno le case senza servizi”.
Il ministro dei Beni Culturali Franceschini ha assicurato che “entro il 2019 la città tornerà alla normalità”. Questo è quello che tutti si augurano, anche se è ancora bollente la questione dei finanziamenti: secondo l’amministrazione comunale servono altri 700 milioni oltre al miliardo e 400 milioni già stanziati. Servono altri soldi, la ricostruzione sembra non essere mai partita, ma allora con i circa otto miliardi e mezzo di euro spesi cosa si è fatto? I conti sembrano non tornare. A sottolinearlo è Legambiente “a cinque anni dal sisma del 6 aprile 2009, sono pochi, troppo pochi, gli edifici ricostruiti nel centro del capoluogo abruzzese e in molte delle 56 frazioni colpite. La devastazione dei centri – continua – è ancora tutta lì”. “A fronte dei soldi spesi, solo il 20% del centro storico dell’Aquila è stato ricostruito – commenta Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente – il resto è ancora un groviglio di ponteggi e puntellamenti, una parte dei quali necessiterebbe di manutenzione, e quel 20% è quasi tutto riferito alla ricostruzione residenziale. Soltanto una chiesa è stata restaurata e riaperta al culto. Le frazioni, poi, in molti casi sono ancora alle prese con la progettazione di un piano di ricostruzione”.
Tragedie simili non devono essere dimenticate, anche se in questo caso, rallentando la ricostruzione, qualcuno la sta mettendo nel dimenticatoio senza nemmeno accorgersene. Dimenticando la tragedia, si dimenticano le persone che l’hanno vissuta, i superstiti e le vittime.
Roma, 6 aprile