I chirurghi plastici coreani sono considerati tra i migliori al mondo, ma questo ultimamente si sta rivelando un problema per i tanti stranieri che decidono di farsi operare in Corea del Sud: al ritorno le autorità di frontiera non li riconoscono, i loro visi non sono più gli stessi presenti sui documenti. Per cercare di risolvere il problema (e non perdere clienti), gli ospedali coreani hanno iniziato a rilasciare “certificati di chirurgia plastica” per i pazienti stranieri.
Lo dimostra quanto accaduto qualche tempo fa a 23 donne, amiche tra loro che hanno fatto assieme un viaggio in Corea del Sud per sottoporsi ad interventi di chirurgia estetica. Al ritorno le autorità di frontiera sono entrate in crisi perché le donne non somigliavano più alle foto, con occhi più grandi, nasi più alti e menti più sottili. «Dopo che si sono tolte i cappelli e gli occhiali da sole, come avevamo chiesto loro, abbiamo visto che avevano un aspetto diverso, con bende e punti qua e là. Abbiamo dovuto confrontare attentamente le parte dei volti che non erano state operate», ha raccontato uno dei responsabili dell’aeroporto di Shanghai.
Il certificato di chirurgia plastica include gli estremi del passaporto del paziente e i dettagli dell’intervento, il tutto su carta intestata dell’ospedale. Tale documento, anche se non ha valore legale, dovrebbe aiutare a convincere le autorità di frontiera che si è chi si dice di essere.
Sono molti i cittadini stranieri che vanno in Corea per sottoporsi ad interventi estetici (nel 2011, i “turisti della chirurgia” erano stati circa 2.500, un numero decuplicato nel 2012) e in molti casi si sottopongono ad interventi anche molto invasivi, che modificano in modo sostanziale i lineamenti. In Asia c’è un vero e proprio boom delle chirurgia estetica, con molti che ricorrono al bisturi anche per interventi che potrebbero sembrare non indispensabili, oppure per seguire mode locali.
Roma, 22 aprile