Il 14 maggio 1914, iniziava il massacro dei greci del Ponto, durante la Grande Guerra i turchi uccisero centinaia di migliaia di greci.
Il genocidio greco durò diversi anni, fino al 1923, le cifre partono da 350.000 vittime, ma ancora oggi sono incerte.
I greci del Ponto sono una popolazione greca originaria della regione del Ponto, sulle coste del Mar Nero. I sopravvissuti all’epurazione turca tornarono in Grecia.
Ancora oggi c’è discussione per riconoscere l’olocausto ellenico, in Grecia e in Cipro, il 19 maggio è la giornata della commemorazione. Negli Stati Uniti d’America la Carolina del sud, il New Jersey, la Florida, il Massachusetts, la Pennsylvania e l’Illinois hanno adottato delle risoluzioni volte a riconoscere il genocidio. Mentre in Armenia si stanno muovendo i primi passi per riconoscerlo.
A lottare fermamente contro il riconoscimento del massacro è la Turchia stessa, Il ministro degli Esteri turco, a seguito della proclamazione della giornata del ricordo in Grecia, ha aggiunto anche delle accuse: “con questa risoluzione il Parlamento greco, che in realtà deve scusarsi con il popolo turco per i massacri perpetrati in Anatolia, non solo sostiene la politica tradizionale greca di distorsione della storia, ma mostra anche che lo spirito espansionistico greco è ancora vivo”.
Ma come ricorda Ismail Enver, un consulente per l’esercito tedesco, il ministro turco della Difesa ha riferito nel 1915 che voleva “risolvere il problema greco … allo stesso modo in cui pensava di aver risolto il problema armeno”.
In oltre è significativa la testimonianza di Elia Venezis, con il libro: Il numero 31328 (1931). Fu preso in ostaggio nell’Asia minore insieme con altri 3000 greci, sopravvissero in 23, compreso Eia Venezis.
Roma, 14 maggio