Ormai il racket delle biglietterie automatiche di fronte ai tornelli della linea A in direzione Battistini della stazione Termini sono nelle loro mani, cons ei donne di origini rom – tutte sulla trentina – a presidiarle. E lo stesso accade in altri punti della stazione, dove transitano decine di migliaia di persone al giorno. Chiunque voglia acquistare uno dei ticket deve avere a che fare con loro: pendolari o turisti, non importa. «Faccio io», «Prego qui per il biglietto», o anche «Prego avanti qui, è libero». In molti pur di non rimetterci la valigia o altro evitano di rifiutare l’invito a “servirsi da loro”, “oppure di beccarsi qualche maledizione sconosciuta”, dice scherzando uno degli addetti alla sicurezza che si guarda bene dall’intromettersi in questo tipo di faccenda. Il «pizzo» da pagare è naturalmente il resto. Cinquanta centesimi, un euro; basta questo per essere lasciati in pace. Tra l’altro c’è chi giura di aver visto le donne a fine giornata contare centinaia di monete, per un conto che può variare in alcuni casi dai 500 agli 800 euro mensili, se ci si attiene ad alcuni sequestri fatti in passato dalle forze per arginare il fenomeno. Ecco perché le macchinette sono un affare. Tra l’altro, è sempre grazie alle macchinette che vengono circuiti i clienti più facoltosi, che poi viene segnalato ad un altro gruppo di nomadi prima che questi entri nella metro.
I complici delle sei donne sono due ragazze sui 17 anni e un ragazzino giovanissimo dai capelli tinti di un rosso sgargiante. Alle donne impegnate alle macchinette bastano delle rapide occhiate per capirsi con i compari e individuare la potenziale vittima. E mentre il turista, dopo aver acquistato il biglietto, lasciato la mancia, sale in metro, i tre balordi lo seguono passando con un ticket a due a due, in barba alla revisione fatta da Atac nei mesi scorsi che aveva rivisto i tempi di chiusura dei tornelli
«È troppo pericoloso – spiega l’impiegato ai tornelli – Io ho famiglia. Questi sono pericolosi, ti minacciano, non hanno nulla da perdere. Io invece di beccarmi una coltellata o un pugno in faccia non ne ho voglia. Se li guardi devi abbassare la testa, altrimenti ti vengono davanti, ti sfidano. Mica faccio il poliziotto io». E i suoi colleghi fanno lo stesso, affermando come immischiarsi, per loro, è troppo pericoloso. I baby borseggiatori, intanto, sono già all’interno della metro, tenendo d’occhio il loro obiettivo. «Sono gli stessi che bloccano le scale mobili», dice un altro dipendente dell’azienda di trasporto con la divisa. magari gli stessi che, domenica scorsa, hanno causato il ferimento di tre turisti sulle scale mobili al secondo livello, per aver azionato il blocco.