Roma, 15 luglio 2014 – “Perché ho sparato? Ero un uomo disperato, senza un lavoro né un futuro, e mi sentivo privato della mia dignità”. Così sì giustifica Luigi Preiti, l’uomo che il 28 aprile 2013, durante il giuramento del governo Letta, ha sparato alcuni colpi di pistola davanti Palazzo Chigi, ferendo il brigadiere Giuseppe Giangrande. E lo fa con una lettera dal carcere di Rebibbia a La Repubblica.
“Allora ero depresso. La mia vita era un disastro: senza lavoro, senza soldi, non potevo vedere mio figlio. Oggi il peso di ciò che ho fatto e la pena che devo pagare mi opprimono la coscienza. Quello che ho fatto è assurdo, la disperazione ti porta a fare cose pazzesche. Ho agito da solo, senza indicazioni di nessuno”. E poi dice: “sono pentito”. Preiti poi spiega chi voleva colpire: “Non sapevo bene in che modo. Non avevo un piano. I nomi? Berlusconi, Bersani e Monti. Ognuno aveva delle colpe”.
“La destra poteva cambiare le cose e non l’ha fatto. La sinistra non faceva altro che litigare”. In carcere, scrive Preiti, “ho ricevuto lettere di solidarietà da ogni parte d’Italia: anche da liberi professionisti, medici, avvocati, imprenditori strozzati dalla crisi”. E ora in appello “Spero in una nuova perizia che faccia davvero luce sullo stato in cui mi trovavo quella mattina”.