L’Eccidio di Cefalonia è una delle stragi più sanguinose subite dagli italiani nell’ultimo secolo, costata la vita ad almeno 7.400 persone: calcolando le perdite subite in battaglia, successivamente in rappresaglia e quelle perse in mare.
I fatti – Cefalonia è un isola greca, dove tedeschi e italiani erano alleati per la campagna di Grecia, i rapporti tra le due forze diventarono tragici a causa dell’improvviso armistizio comunicato da Badoglio l’8 settembre.
Hitler e molti altri ufficiali tedeschi, erano convinti che dopo la cattura di Mussolini l’Italia avrebbe tradito i tedeschi, rompendo la loro alleanza per passare col nemico, cioè gli anglo-americani. Prima dell’8 settembre però, Italia e Germani erano ancora alleate, l’armistizio annunciato da Badoglio fu improvviso per tutte le truppe impiegate ancora al fronte. Molti italiani che si trovavano al fianco dei tedeschi, furono fatti prigionieri e portati nei campi di concentramento.
A Cefalonia andò diversamente, gli italiani si rifiutarono di deporre le armi, e ingaggiarono un combattimento contro i tedeschi, ma mentre gli italiani erano ormai isolati e abbandonati da un Governo fantasma, i tedeschi invece, ricevevano rinforzi. I tedeschi bombardavano, mentre alcuni italiani combattevano addirittura con l’arma bianca.
Dopo due settimane di battaglia, le truppe italiane furono costrette a sventolare bandiera bianca, le conseguenze furono tragiche. Ci fu una settimana di rastrellamenti da parte dei tedeschi, con l’obiettivo di fucilare gli ufficiali italiani per tradimento, e inviare i superstiti nei campi di concentramento.
Fucilazione – Le prime fucilazioni avvennero il 24 settembre 1943, presso la “Casa Rossa”, in un solo giorno furono giustiziati 129 ufficiali, qui di seguito la testimonianza del sottotenente Giovanni Parissone:
“Tra i primi, gli ammirevoli ufficiali dell’Arma, Il capitano Giovanni Maria Gasco, il tenente Alfredo Sandulli e il sottotenente Orazio Petruccelli, tenendosi stretti l’uno all’altro, passano davanti a me, che m’ero appartato con un altro ufficiale, esclamando ‛Addio ragazzi, arrivederci in Paradiso!’. Riconosco la voce serena del capitano Gasco, che, calmo, controllato come sempre, accompagna i suoi fedeli ufficiali all’olocausto”
Tra i primi fucilati c’erano anche il generale Antonio Gandin e Giovanni Battista Fioretti, Capo di Stato Maggiore.
Antonio Gandin fu il comandante della Divisione Acqui, rifiutò la resa incondizionata tedesca a nome di tutti i soldati, che aveva interpellato tramite una specie di referendum informale, davanti il plotone di esecuzione pronunciò queste ultime parole:
“Viva l’Italia, viva il Re”
Sul colonnello Giovanni Battista Fioretti, c’è la testimonianza di Alfio Caruso, che descrive gli ultimi momenti prima della fucilazione:
“Il colonnello Gian Battista Fioretti, capo di Stato Maggiore della divisione, è poco discosto dal colonnello Romagnoli. E’ circondato da altri ufficiali di Stato Maggiore del comando di divisione. A un certo momento vede avvicinarsi un soldato che tenta di strappargli l’orologetto d’oro dal braccio. Lo respinge energicamente. Poi si toglie l’orologetto da se stesso, si china a terra, e con un sasso, lo riduce in frantumi. Quindi fa un ghigno al tedesco e lo lancia lontano, con ampio gesto. Invita gli ufficiali di Stato Maggiore a recarsi tutti insieme, con lui, sotto il plotone di esecuzione. Poi viene da me. Mi consegna gli ultimi ricordi per l’adorata famigliola lontana, tra cui una piccola fotografia delle due tenerissime figliolette, e mi dice: Cappellano guardi. Queste son le mie due bambine. Resteranno senza babbo. Se avrà salva la vita, porti a quelle creature la mia benedizione e a mia moglie la sua parola di conforto! Mi abbraccia, mi bacia, e – precedendo tutti – con passo fermo, nobilissimamente, col sorriso sulle labbra, il capo di Stato Maggiore della divisione Acqui va al supplizio”.
Bilancio finale – Secondo lo storico Petacco, tra i caduti in battaglia e i giustiziati, sarebbero morti 400 ufficiali e 5.000 soldati, mentre 2.000 morirono in mare.
Forse le cifre relative alle perdite in mare potrebbero essere anche vicino alle 3.000, come ha sostenuto Alfio Caruso.
Dopo la battaglia e la fucilazione, i soldati risparmiati furono imbarcati su delle navi, per essere portati nei campi di prigionia tedeschi, ma i stessi tedeschi si divertirono a piazzare delle mine nel mare, per poi far saltare in aria le navi piene di vite umane.
Tale riluttante “gioco” è degno di far parte dei più sudici crimini di guerra.
La motonave Mario Roselli, scampò l’affondo su qualche mina, ma prontamente fu affondata da un raid Alleato, un bel colpo che uccise migliaia di inermi prigionieri italiani.
I processi riguardanti l’Eccidio di Cefalonia, si susseguirono nel corso degli anni, soltanto il generale Hubert Lanz fu condannato a soli tre anni di reclusione. L’anno scorso è arrivata la prima vera condanna, con Alfred Stork condannato all’ergastolo.
Roma, 24 settembre 2014.