Il Consiglio dei Ministri ha approvato pochi giorni fa il Disegno di legge sulla Concorrenza, un testo che dovrebbe favorire proprio la concorrenza nelle professioni e nei servizi di maggior consumo. Una delle norme più attese è saltata all’ultimo. Si tratta della possibilità di recedere dai contratti telefonici (e anche televisivi) per cambiare gestore senza sostenere spese o pagare penali, come avvenuto finora e denunciato più volte dall’associazione dei consumatori Altroconsumo.
Il governo Renzi ha deciso di lasciare alcune spese per il recesso o il cambio, a patto che queste vengano comunicate al consumatore fin dall’inizio. Il sospetto è che siano penali “camuffate” da altre spese. Nel 2007 queste penali sono state abolite, ma negli anni successivi le compagnie telefoniche le hanno ripresentate sotto forma di “contributi di disattivazione”, mettendo in grande difficoltà i clienti che volevano cambiare operatore.
Il recesso o il trasferimento possono venire a costare da 30 a 100 euro, come calcolato dalla stessa Altroconsumo. Ovviamente nel contratto non si parla di penali, ma di altri contributi: Fastweb, ad esempio, usa il termine “importo di dismissione”, Infostrada si affida invece al “costo per attività di migrazione”, per non parlare del “costo disattivazione linea” di Telecom e del “corrispettivo recesso anticipato” di Vodafone.
In caso di passaggio ad altro operatore e di esperienze simili si può segnalare il tutto ad Altroconsumo: finora sono stati presentati ben sei ricorsi contro le principali compagnie telefoniche, ma l’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni) non ha ancora risposto.
22 febbraio 2015