Il Comitato per i diritti civili delle prostitute, assieme al Codacons e l’Associazione Radicale “Certi diritti”, hanno organizzato per oggi 30 aprile, un incontro dal titolo “Sex Work is Work”. L’obiettivo è stato quello di confrontarsi sulle proposte parlamentari sul riconoscimento della professione dei lavoratori del sesso e il superamento della legge Merlin. “Le persone che lavorano nella sessualità sono considerate prive di diritto ma svolgono un lavoro che deve avere pari dignità degli altri“, dice Antonio Stango, membro del Consiglio generale del Partito Radicale e dell’associazione “Certi diritti”. Il Comitato ha presentato una propria proposta di legge sulla prostituzione che prevede: l’utilizzo del preservativo obbligatorio, un tesserino professionale con pseudonimo, lavoro autonomo e libertà associativa, pensione e tutele sanitarie gratuite e zoning.
“Vogliamo pagare la tasse” spiega in conferenza Pia Covre, fondatrice del Comitato “ma non si sognino di fare una legge solo per fare cassa. Siamo anche disposte a trattare, ma vogliamo dei diritti”. “Ad oggi sono state presentate 14 proposte“ spiega Covre “ma nessuna è davvero soddisfacente: alcune prevedono addirittura l’iscrizione in un registro presso l’autorità di pubblica sicurezza, come se fossimo criminali”. Molto meglio, invece, pensare a “un tesserino, anche con uno pseudonimo” afferma. Una regolamentazione seria dovrebbe “agevolare l’autoimprenditorialità: non parliamo di grandi bordelli nelle città, ma di piccole strutture autogestite dove si possa applicare il mutuo aiuto tra lavoratori, o il microcredito, evitando così che si debba ricorrere all’usura o peggio, cadere nello sfruttamento”.
Per quanto riguarda il regime fiscale la Covre afferma che è “impossibile pensare di tenere dei registri contabili delle attività; molto più logico sarebbe un sistema a forfait. Se si dovesse far pagare davvero l’Iva, moltissimi sarebbero tentati dal rimanere nel sommerso”.
L’attivista spiega anche come sia poco fattibile cancellare totalmente la prostituzione per strada, per questo si dice favorevole allo “Zoning” , ovvero la possibilità di individuare zone dedicate per la prostituzione, con l’istituzione in ogni comune di almeno 3 aree dove sia possibile lo scambio dei servizi sessuali. “Più si ostacolerà attraverso la legge l’accesso e la possibilità di lavorare regolarmente, e più sarà favorito un mercato sommerso fatto di sfruttatori e illegalità” dichiarano i sex workers, che si dichiarano favorevoli all’imposizione del preservativo obbligatorio: “Anche se il 90% dei lavoratori del sesso lo usa sempre ed è ovvio che sarà impossibile controllare tutti, è comunque importante dare un impulso in questo senso”.
di Laura Guarnacci
1 Maggio 2015 @ 16:04
Ma la prostituzione in Italia è già tassata; questo ai sensi dell’articolo 36 comma 34bis della Legge 248/2006, come chiarificato dalla Cassazione con le Sentenze n. 10578/2011 e 18030/2013. Il Codice relativo è 96.09.09 “Altre attività di servizio per la persona non classificabili altrove”.
Cosa aspettano i sex workers ad aprire la partita IVA e pagare le tasse in merito?