La morte dell’imperatore Vespasiano il 23 giugno 79

Tito Flavio Vespasiano, nato a Cirrareale il 17 novembre 9 e morto a Cotilia il 23 giugno 79, è stato l’imperatore romano che governò dal 69 al 79 e, per evitare lotte per la successione, fondò la dinastia flavia.

Suo padre apparteneva a una famiglia dell’ordine equestre di Reate (Rieti) ed era un esattore di imposte, la madre, di nobili origini, era figlia di un militare e, infine, il fratello era un politico. A 16 anni prese la toga ma, spinto soprattutto dalla madre, iniziò la sua carriera politica e riuscì a ricoprire le cariche più alte, adoperandosi nell’esercito, divenendo questore di Creata e Cirene e in seguito anche edile e pretore.

Militarmente legato alla Germania, Vespasiano partecipò alla conquista della Britannia in qualità di legatus legionis della legio II Augusta, nel 51 divenne console e nel 66 Nerone, dopo aver appreso della sconfitta subita in Giudea, decise di inviarlo in quel territorio per vincere la guerra e impedire che questa si diffondesse a macchia d’olio in tutto l’Oriente.

Quando morì Nerone il trono romano cambiò quattro imperatori in solo anno, prima Galba, poi Otone e Vitellio e, infine, Vespasiano, che da subito stabilì che i suoi eredi sarebbero stati i figli Tito e Domiziano, nati dal matrimonio con Domitilla, figlia di un cavaliere e  dalla quale ebbe anche la figlia Flavia Domitilla. Fu proprio per garantire la successione al trono che fondò la dinastia flavia.

Le sue decisioni non furono accolte con grande entusiasmo dai repubblicani e per questo lui procedette con la loro espulsione dal territorio che controllava. Nel frattempo lasciò che il figlio Tito conducesse la guerra in Giudea, mentre lui cercò di collaborare con il senato per riportare la normalità.

Ristabilita la pace decise di mettere mano alla riorganizzazione dell’amministrazione statale, preoccupandosi in particolar modo del bilancio pubblico, che riuscì a rendere stabile, ricostruì il Campidoglio e ordinò la costruzione del Colosseo. Inoltre, dedicò attenzione a città e borghi andati distrutti e assicurò un vitalizio ad alcuni letterari e filosofi