Nel 1943 i tedeschi cercarono di occultare le prove dell’eccidio di Babij Jar e i prigionieri impiegati per nascondere quanto compiuto ci misero sei settimane per completare il lavoro. La decisione fu presa dai tedeschi in seguito a un attacco dei partigiani e dei servizi sovietici NKVD (Narodnyj komissariat vnutrennich del, uno dei commissariati governativi dell’URSS) che causò la morte di centinaia di uomini degli uomini di Hitler.
A quel punto i nazisti affissero dei manifesti a Kiev e convocarono gli ebrei della città nei pressi del cimitero:
“Tutti gli ebrei che vivono a Kiev e nei dintorni sono convocati alle ore 8 di lunedì 29 settembre 1941, all’angolo fra le vie Melnikovskij e Dochturov (vicino al cimitero). Dovranno portare i propri documenti, danaro, valori, vestiti pesanti, biancheria ecc. Tutti gli ebrei non ottemperanti a queste istruzioni e quelli trovati altrove saranno fucilati. Qualsiasi civile che entri negli appartamenti sgomberati per rubare sarà fucilato”.
Si pensava sarebbero stati deportati, ma il loro destino era già scritto da giorni: sarebbero morti tutti come rappresaglia. Uomini, donne e bambini furono costretti a spogliarsi e poi furono condotti sull’orlo del fossato di Babij Jar, dove avvenne l’esecuzione.
“Non c’era modo di schivare o sfuggire ai colpi brutali e cruenti che cadevano sulle loro teste, schiene e spalle da destra e sinistra. I soldati continuavano a gridare: “Schnell, schnell!” (In fretta! in fretta!) ridendo allegramente, come se stessero guardando un numero da circo; trovavano anche modi di colpire ancora più forte nei punti più vulnerabili: le costole, lo stomaco e l’inguine“.
(A. Kuznetov)
Nel 1943 i tedeschi cercarono di occultare le prove dell’eccidio di Babij Jar e i prigionieri impiegati per nascondere quanto compiuto ci misero sei settimane per completare il lavoro.