Roma 4 marzo – A metà febbraio è scoppiato il caso che riguarda la contraffazione della pappa reale, spacciata per prodotto Made in Italy, ma in realtà proveniente dalla Cina. A seguito di una denuncia da parte di un’associazione di categoria gli investigatori del Corpo Forestale hanno sequestrato numerose confezioni del prodotto, pronte per essere immesse nel mercato online con denominazione italiana. A finire in manette è stato un uomo di 31 anni, di Latina, che acquistava le confezioni da un ingrosso di Perugia e, che attraverso certificati falsificati, immetteva il prodotto nel mercato con origine italiana o di propria produzione.
In Italia la quantità di pappa reale importata dalla Cina è elevata e il motivo è molto chiaro: l’operazione è molto vantaggiosa dato che si compra a 30-35 €/Kg quella cinese e poi si vende a 600 €/kg cambiando l’origine. Secondo i dati della Copait (dell’Associazione per la produzione e valorizzazione della pappa reale fresca italiana) circa il 90% della pappa reale venduta in Italia è importata e molta viene appunto dalla Cina. Il problema dell’importazione riguarda principalmente l’interruzione della catena del freddo, data dalla distanza fra le due nazioni, ma il problema reale si verifica in Italia perché, come successo in alcuni casi, il prodotto acquistato dagli apicoltori e dai commercianti veniva riconfezionato in laboratori privi degli opportuni requisiti igienico-sanitari o addirittura sconosciuti alle USL. Raffaele Valerdocchia, funzionario del Corpo Forestale dello Stato, è intervenuto dicendo che: “Bisogna considerare inoltre l’assenza di lotti di produzione, o la presenza di lotti di fantasia, interrompe la tracciabilità della merce e, in caso di allerta alimentare, diventerebbe molto difficile procedere al ritiro del prodotto”. Continua poi:”A chi non è capitato di passare tra le bancarelle dei mercatini rionali e vedere apicoltori con il loro banchetto di miele, propoli, polline e pappa reale? – chiede Velardocchia – Spesso il consumatore è indotto a pensare che tutti i prodotti siano della casa, ma a volte non è così. L’etichetta non aiuta: in molti casi la dicitura sulla confezione “prodotto confezionato da…” può trarre in inganno, anche negli acquisti effettuati presso supermercati, erboristerie e farmacie. La frase sull’etichetta indica che il prodotto (non mio) è stato solo confezionato da me. La scritta che attesta la vera origine nazionale è ”prodotto e confezionato da…”.
Senz’altro è paradossale pensare che gli stessi italiani possano danneggiare il cosiddetto Made in Italy, soprattutto considerando quanto questo mercato ogni anno danneggia i prodotti nostrani; il fatturato del cibo Made in Italy taroccato ha raggiunto nel mondo i 60 miliardi di euro, più del doppio del valore delle esportazioni originali di prodotti agroalimentari nazionali e a livello internazionale più di due prodotti italiani su tre in commercio sono falsi. I prodotti più colpiti sono ad esempio il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, rimpiazzati dal Parmesan in America, di provenienza soprattutto californiana, ma anche il prosciutto San Daniele, il provolone, il pecorino romano, l’asiago e la fontina, oltre all’olio extravergine e al pomodoro San Marzano e non mancano casi riguardanti anche i vini, come il Barbera.
Considerando situazioni quasi inverosimili come quella di cui è protagonista un’azienda canadese che ha registrato il marchio “Parma”, per cui il vero prosciutto di Parma italiano deve essere venduto in Canada con un altro nome, mentre il falso prodotto italiano (quello canadese) viene venduto con il nome del prosciutto di Parma, con la possibilità di usare anche il logo originale, la corona ducale (ebbene si, l’azienda canadese è riuscita ad appropriarsi legalmente anche il logo, potendo attuare una vera e propria truffa legalizzata), è proprio necessario che anche i commercianti italiani diano il loro contributo a questo mercato? Un mercato che fa sì che i consumatori stranieri si facciano una pessima idea dei prodotti italiani, in quanto acquistando maggiormente i falsi, è inevitabile che rimangano delusi.