La nuova stagione dell’Accademia di Santa Cecilia all’Auditorium, presentata a maggio scorso e caratterizzata da programmi tra i più corposi e ambiziosi del panorama musicale europeo, è al debutto. Attesissima l’inaugurazione della stagione sinfonica 2016-2017, giovedì 20 ottobre, con il Fidelio di Beethoven in forma di concerto.
Sul podio sir Antonio Pappano, con un cast di voci specializzate nelle prassi canore dell’opera germanica. Il chairman di Santa Cecilia aveva cominciato l’anno scorso un ciclo beethoveniano con le nove Sinfonie. Si prosegue dunque con Fidelio e poi, subito dopo (27-28-29/10) con il Quinto Concerto per pianoforte e orchestra, l’Imperatore (al piano il russo-israeliano Yefim Bronfman) abbinato alla Nona di Schubert (la Grande) e poi ancora (12-13-14 gennaio) con il Quarto Concerto per piano, con Radu Lupu, e – tanto per gradire – la colossale Settima di Bruckner.
Altro autore più volte toccato da Pappano negli ultimi anni è Bach: dopo le memorabili esecuzioni della Passione secondo Matteo, della Messa in si minore e del Magnificat, quest’anno è la volta della Passione secondo Giovanni (13-14-15 aprile). Ancora Pappano in una ghiotta serata unica (27 gennaio) con Cecilia Bartoli, fuori abbonamento, per un “gala Mozart” tra pagine sacre e profane.
Pappano è anche sinonimo di nuova musica: ad aprile la prima assoluta di Caprice Romain op. 72 n. 3 del franco-svizzero Richard Dubugnon, con Yuja Wang al piano. Dubugnon parte dal rovesciamento interpretativo operato da Gilles Deleuze su Proust, inserendo in partitura parole, sillabe e fonemi accanto alle note. Sempre in tema di contemporanea, torna a inizio dicembre Peter Eötvös con la prima italiana della sua Senza sangue dal romanzo di Baricco.
Altro elemento caratterizzante delle ultime stagioni ceciliane, la proiezione verso le generazioni nuove. Quest’anno le giovani promesse sono davvero molte, dal venezuelano Rafael Payare (frutto di El Sistema di Josè Antonio Abreu, meravigliosa anomalia nell’establishment della musica mondiale, con cui Santa Cecilia intrattiene da tempo fecondi rapporti) al ceco Jakub Hruša e allo spagnolo Gustavo Gimeno. Passando da direttori a pianisti i nomi si moltiplicano: Martin Helmchen, Seon-Jin Cho, Bertrand Chamayou, Evgeni Bozhanov…
Altrettanto numerosa la lista dei grandi direttori oltre il “residente” Pappano, una serie di ritorni eccellenti: Manfred Honeck, Daniel Harding, Daniele Gatti, Pablo Heras-Casado, Paavo Järvi, Ton Koopman, Vladimir Jurowski, Michael Tilson e infine Jurij Temirkanov (direttore onorario di Santa Cecilia).
Esattamente sovrapponibile il discorso per la stagione da camera: anche qui grande excursus storico (dal Rinascimento al contemporaneo), solisti di chiara fama e giovani ma già affermati talenti, filoni che proseguono dalla passata stagione. A cominciare dall’esordio del 26 ottobre con la Basel Kammerorchester – che suona quattro sinfonie di Haydn – seguito, a novembre, da una pietra miliare della musica sacra (laMissa Papae Marcelli di Palestrina eseguita dal coro della Sistina) e poi da un quintetto con Alexander Lonquich al piano – alle prese con Schumann – e dal recital di Daniel Barenboim.
Nell’assieme, tra sinfonica e cameristica, un palinsesto generoso, in equilibrio tra serate di immediato richiamo (ci sono un Messiah di Händel, una suite dalla Tetralogia wagneriana, il Mozart dei concerti per piano e delle ouverture, il sinfonismo tardoromantico…) e proposte audaci e di nicchia. Il tutto incastonato nello scrigno di legno e mattoni dell’Auditorium che consente qualsiasi incursione, dalle matinée per famiglie a un ciclo sull’arte di fotografare la musica.