Cinquant’anni fa il suo corpo senza vita fu ritrovato steso a terra nella stanza 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo. Finì così la storia di Luigi Tenco, cantautore nato a Cassine il 21 marzo 1938 da una storia extraconiugale tra la madre, sposata con Giuseppe Tenco, e Ferdinando Micca, dieci anni più piccolo e proveniente da una famiglia borghese di Torino che si vide impedire il riconoscimento del figlio. Aveva 10 anni quando la famiglia decise di trasferirsi in Liguria e lì si diplomò al Liceo scientifico.
Si iscrisse all’università, ma cambiare indirizzo non gli bastò e alla fine si dedicò alla musica e suonò con il Modern Jazz Group di cui faceva parte anche De André. Formò la propria band, ne faceva parte anche Gino Paoli, e ottenne il contratto discografico con la Dischi Ricordi.
La sua carriera non fu particolarmente lunga, ma non per questo considerata meno importante dato che ancora oggi viene ricordato come uno dei rinnovatori principali della musica leggera italiana: nel 1961 uscirono il suo primo 45 giri e il suo primo 33 giri (da subito dovette fare i conti con la censura), l’anno successivo ci fu una sua comparsa cinematografica e nel 1963 ruppe ogni rapporto con Gino Paoli a causa della relazione di quest’ultimo con Stefania Sandrelli. Nel 1965 tornò sul grande schermo e partì per il servizio di leva, poi rientrò, ottenne un contratto con la RCA e conobbe Dalida, donna con la quale iniziò una relazione.
Si arrivò così al 1967. Luigi Tenco partecipò a Sanremo con “Ciao amore ciao” e per lui fu un clamoroso insuccesso visto che la canzone finì al 12esimo posto (sedici le canzoni in gara) e non fu scelta al ripescaggio. Quella stessa sera il cantautore 29enne, che aveva una vita e una carriera davanti, si sparò un colpo alla tempia e morì. Calato il sipario, non restano che le sue canzoni per ricordare il suo talento: “Mi sono innamorato di te”, “Vedrai vedrai”, “Lontano lontano”, “Un giorno dopo l’altro”, “Ragazzo mio”, “Ciao amore ciao”, “Se stasera sono qui”, “Ho capito che ti amo” sono solo alcuni degli esempi possibili.
Il suo corpo fu ritrovato dalla stessa Dalida, che vide anche il biglietto con su scritto “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”.
La sua morte fu bollata come suicidio, ma per anni si pensò anche alla possibilità di un omicidio, mai andata oltre l’ipotesi nel corso delle indagini che si osno susseguite.