Ad incastrare l’allenatore-pedofilo ci hanno pensato due bambini, che fidandosi di lui avevano iniziato a tirare i primi calci ad un pallone nel cortile della parrocchia.
“Ha mostrato un impulso criminale irrefrenabile e per questo nessun’altra misura di custodia è, allo stato, idonea a fronteggiarlo”. Con questa motivazione, quindi, i giudici del Riesame hanno respinto il ricorso dell’ex allenatore dell’oratorio, in carcere per gli abusi sessuali sui due minori. L’ex mister, Danilo C. 47 anni, non merita nemmeno, gli arresti domiciliari, proprio perché non in grado di gestire il suo impulso.
“Sussistono confortanti segnali (e riscontri)”, ha scritto il collegio del presidente Claudio Carini, «della piena credibilità dei due bambini, della spontaneità e genuinità della loro narrazione e della veridicità dei fatti da ciascuno riferiti”. Di fatto, a questo proposito c’è un’ulteriore prova a confermarlo, che è poi la stessa che il mister faceva per attirare i piccoli calciatori, cioè la possibilità di giocare con i videogiochi. Un racconto che ieri è stato ripetuto da uno dei bimbi nell’incidente probatorio che si è tenuto a Piazzale Clodio, in presenza di giudici e psicologi”. «Marco e Giuseppe, senza conoscersi, a distanza di un anno l’uno dall’altro, hanno riferito al pm, nelle forme garantite dell’audizione protetta e l’assistenza di uno psicologo, con precisione – Marco facendo anche dei disegni – dati sorprendentemente coincidenti sia per la tipologia di abuso sessuale sia per la modalità di approccio, ossia la promessa di regali e la condivisione della Wii”.
Nei racconti dei due bambini, insomma, non ci sono tracce di contraddizioni, incongruenze o condizionamenti. Entrambi, infatti, hanno ripetuto più e più volte lo stesso identico racconto e le stesse modalità di adescamento che hanno permesso di incastrare l’uomo. Uno dei due bambini sarebbe stato molestato addirittura negli spogliatoi, mentre l’altro nell’abitazione dell’ex allenatore in quanto “amichetto” del figlio. I bambini hanno raccontato dell’accaduto ai propri genitori, subito. Addirittura, uno dei due, lo aveva fatto attraverso un compito in classe, raccontandolo alle maestre, le quali hanno confermato il fatto ai magistrati incaricati dell’indagine.
L’aggravante per Danilo C. è oltretutto essere sposato e padre di tre figli. Inoltre, c’è al vaglio la posizione di un terzo bambino, il quale potrebbe aver ricevuto lo stesso trattamento riscontrato sugli altri due: era il 2012, quando, con la scusa di cambiargli i pantaloncini e prepararlo all’allenamento (quando invece il piccolo era già pronto) l’uomo si era intrattenuto con lui negli spogliatoio. Inoltre, il padre del piccolo in questione ha ricordato ai carabinieri di via In Selci un episodio in cui l’allenatore si era chiuso a chiave, quale unico adulto, negli spogliatoi con i bambini mentre questi si facevano la doccia.
Queste invece le parole della difesa dell’uomo: “Vi farò tanti regali, dei videogiochi bellissimi», era la promessa del mister, un operaio, che il pomeriggio allenava i ragazzini dai 7 ai 10 anni della squadra di calcio parrocchiale affiliata alla As Roma nella parrocchia di San Giuseppe Martire. Un uomo ora disperato e che, assistito dagli avvocati Fabrizio Consiglio e Eugenio Daidone, vorrebbe essere risentito dai magistrati per spiegare eventuali equivoci. «Non ho mai toccato un bambino», continua a ripetere. «Per me era una forma di volontariato avviarli al gioco del calcio. Spero di uscire al più presto da questo tunnel e che la verità emerga». Molti parrocchiani non gli hanno voltato le spalle. «Il Mister? Un brav’uomo”.
Roma, 15 aprile