La procura di Torino ha terminato le indagini sul caso Stamina. Venti gli indagati, tra cui Davide Vannoni, il fondatore della contestata terapia, che ora si candida alle Europee, in tutte le circoscrizioni, con il movimento “Io Cambio – Maie”. Il metodo Stamina non solo non ha portato miglioramenti nella salute dei pazienti sottoposti alla metodica di Davide Vannoni ma, anzi, si sono «verificati eventi avversi in un numero significativo» di essi. Sono 101 i casi di pazienti trattati con il metodo Stamina ricostruiti dalla procura di Torino e dai carabinieri del Nas, si ricava dall’avviso di chiusura indagini, dove si espongono i «rischi» per la salute cui sarebbero stati sottoposti. Nella stessa posizione ci sono anche i 37 donatori individuati dagli inquirenti.
Nell’avviso di chiusura indagine si sottolinea che Vannoni e gli altri avrebbero operato sui 101 pazienti identificati (e sui 37 donatori) “senza eseguire o far eseguire i test necessari prima dell’impiego del prodotto sull’uomo, così indebitamente trasformato in cavia”, e “in assenza di qualsivoglia pubblicazione scientifica atta a identificare le caratteristiche del cosiddetto metodo Stamina e a renderlo consolidato e riconoscibile”; tutto ciò, inoltre, sarebbe avvenuto “somministrando o facendo somministrare ai pazienti preparati senza conoscerne natura, implicazioni, potenzialità, rischi”, omettendo “l’adeguata informazione circa la terapia da somministrare, la natura dei trattamenti e i possibili rischi”. Vannoni e i suoi presunti complici – si legge nel corposo capo d’imputazione – «facendo credere falsamente» ai pazienti e ai familiari che «vi erano elevate possibilità di guarigione dalla loro malattia a seguito del trattamento con cellule staminali e che le persone non sottoposte a tale trattamento sarebbero incorse in un serio pericolo di vita», induceva un «clima di tensione sociale» mediante «conferenze, scritte, scritti e anche manifestazioni pesantemente critiche» verso il Capo dello Stato, il presidente del Consiglio, il ministro della Salute.
Alcune posizioni sarebbero state stralciate dall’inchiesta della Procura di Torino sul caso Stamina. Lo stralcio prelude ad alcune archiviazioni o, forse, alla necessità di effettuare ulteriori accertamenti. Gli avvisi di chiusura indagini vengono notificate agli avvocati difensori dei venti indagati per posta elettronica certificata. Per alcuni, però, si ricorre al consueto ufficiale giudiziario, a mano. Tra questi c’è lo stesso Davide Vannoni, padre della metodica al centro dell’inchiesta, e delle polemiche, e presidente della Stamina Foundation. Oltre a lui tra gli indagati ci sono il suo vice Marino Andolina, chirurgo ora in pensione ed ex coordinatore del Dipartimento trapianti all’Irccs di Trieste, neurologi, biologi, medici degli Spedali civili di Brescia e un dirigente dell’Aifa.
Fra le accuse contestate dalla procura ci sono anche le minacce ai genitori di una piccola paziente: ne risponde, in particolare, il medico Marino Andolina per una telefonata che avrebbe fatto intorno al 3 gennaio di quest’anno “dicendo che non avrebbe avuto pietà di loro e che gliela avrebbe fatta pagare” per le dichiarazioni che i genitori rilasciarono ai quotidiani. Per Davide Vannoni si procede anche per diffamazione per alcuni post su Facebook riferiti al Cardiocentro Ticino di Lugano: avrebbe definito “cialtrona” una biologa e, parlando in generale dei medici, avrebbe scritto “non sopporto i vigliacchi”.
Gli indagati avranno venti giorni di tempo, una volta ricevuto il cosiddetto 415 bis, per chiedere di essere interrogati o per presentare memoriali difensivi o altri documenti. Indagati, a vario titolo, anche Gianfranco Merizzi, amministratore delegato di Medestea; Klimenko Vyacheslav e Olena Shchegelska, biologi ucraini; Leonardo Scarzella, neurologo operante presso l’ospedale Valdese di Torino; Luigi Bistagnino, architetto del Politecnico di Torino; Marcello La Rosa, dirigente dell’Ires Piemonte; Roberto Ferro, presidente del Poliambulatorio Lisa di Carmagnola (Torino); Luciano Fungi, medico del Poliambulatorio Lisa di Carmagnola (Torino); Andrea Losana, ortopedico che operava in regime di service all’ospedale Valdese di Torino; Mauro Delendi, direttore generale dal 2007 al 2010 del Irccs di Trieste; Ermanna Derelli, direttore sanitario degli Spedali Civili di Brescia; Fulvio Porta, direttore di struttura agli Spedali Civili di Brescia; Carmen Terraroli, membro della segreteria scientifica del Comitato etico degli Spedali civili di Brescia; Arnalda Lanfranchi, dirigente di sezione agli Spedali Civili di Brescia; Gabriele Tomasoni, direttore di struttura agli Spedali civili di Brescia; Carlo Tomino, responsabile dell’Ufficio ricerche e sperimentazione dell’Aifa, l’Agenzia italiana per il farmaco; Erica Molino e Mauriello Romanazzi, accusati di esercizio abusivo della professione di biologo.
Nelle ultime settimane la cancelleria del pubblico ministero Raffaele Guariniello ha lavorato sodo per preparare il corposo capo d’accusa in cui sono condensati gli esiti delle indagini dei carabinieri del Nas. I laboratori abusivi portati “negli scantinati” o “nascosti a San Marino nel palese intento di sfuggire ai controlli istituzionali previsti in Italia”. Le chiacchiere degli operatori sui casi di malati senza speranza che “per fortuna sono in aumento”. I pazienti o i loro parenti allettati dai video (che ora valgono a Vannoni e ai suoi anche l’accusa di violazione della privacy, soprattutto nel caso dei pazienti minorenni) con le guarigioni miracolose: un russo che vince il morbo di Parkinson e riprende l’attività di danzatore, la giovane donna affetta da Sla che supera la paralisi e deambula con le protesi. Il giro di denaro: diecimila euro all’anno, per esempio, per lasciare le proprie cellule in custodia a San Marino in modo da riutilizzarle in futuro.
Roma, 23 aprile