Quattro insufficienze gravi e voto basso in condotta. Gli insegnanti lo hanno descritto come un “leader negativo” dall’atteggiamento sfrontato, ma soprattutto incapace di instaurare un rapporto costruttivo con i propri compagni. Tanto da arrivare ad insultare un coetaneo, rendendo necessario l’intervento addirittura del preside. Ma quando i professori lo hanno bocciato per la condotta, i genitori fatto ricorso al Tar, che ha deciso invece per la promozione.
Questi i motivi che avevano spinto il corpo docenti e il consiglio di classe a decidere per la bocciatura di uno studente di seconda media, nel quartiere Pinciano. Vinto il ricorso al Tar, i genitori dello studente hanno ottenuto il nullaosta permettendogli di cambiare scuola ed accedere all’esame finale di terza media. Il tutto perché, secondo il Tar, responsabile dello scarso rendimento rendimento del ragazzo sarebbe demerito degli insegnanti, colpevoli di non aver provveduto con azioni disciplinari adeguate per mettere a freno i comportamenti inadeguati.
La motivazione che è stata data dai giudici ha preso in considerazione gli anni scolastici precedenti, quando il ragazzo aveva avuto invece un rendimento scolastico irreprensibile, sempre promosso con la media del 7. Secondo quanto riferito dai genitori, il ragazzo sarebbe stato penalizzato dopo una lite con un compagno, avvenuta 15 maggio 2013. Quel giorno, infatti, il bambino aveva preso a mali parole un coetaneo durante l’intervallo. Episodio di cui il preside era stato messo a conoscenza e che questi aveva messo a verbale, affermando che a tempo debito avrebbe provveduto alla sanzione disciplinare dell’alunno. Una sanzione che però non è mai arrivata, ma al ragazzo è stato abbassato il voto in condotta. Secondo i giudici, gli insegnanti avrebbero commesso un errore, in quanto “l’abbassamento della condotta ha pesato ulteriormente su un curriculum già deficitario”, mentre una punizione “avrebbe scalfito l’atteggiamento di arroganza e di sicurezza che l’alunno rivelava sovente nei suoi rapporti con i compagni e verso l’istituzione scolastica”. Il rendimento del ragazzino, già “tendente alla scarsa concentrazione e non perfettamente consapevole dei rischi che correva”, avrebbe fatto in modo che arrivasse la bocciatura.
Come si legge nel testo della sentenza, però, “il bambino avrebbe potuto essere recuperato”. L’alunno cercava di impegnarsi almeno in occasione dei compiti in classe, preparandosi quel tanto che bastava per raggiungere la sufficienza, rimanendo incostante per tutto il resto. Un dettaglio che, secondo il tribunale, non deve essere interpretato come una nota a sfavore per l’alunno. In quanto, concludono i giudici, “l’atteggiamento di incostanza e la sicurezza nel comportamento arrogante sono stati incentivati dalla mancanza di una risposta disciplinare severa”.
Roma, 11 maggio