Un archivio fatto di appunti riservati che hanno segnato segnato l’ascesa al ministero dell’Interno e gran parte della storia giudiziaria legati agli ultimi che vanno da Tangentopoli fino agli ultimi attentati firmati dalle Brigate Rosse. Centinaia di documenti olografi e non sequestrati dalla Guardia di Finanza nell’indagine che ha coinvolto l’ex ministro. Affidato al suo segretario Luciano Zocchi e a uno agente del servizio segreto militare, all’interno, anche indiscrezioni che sui motivi della mancata scorta al professor Marco Biagi, ucciso in un attentato il 19 marzo del 2002.
Il suddetto fascicolo, inviato dalla Procura di Roma a quella di Bologna, ci dovrebbe essere infatti una lettera scritta da un politico allora vicino allo stesso Biagi e inviata al Viminale alcuni giorni prima dell’attentato delle BR, proprio per chiedere l’istituzione della scorta a difesa del giuslavorista bolognese. La lettera in questione risulterebbe, sempre secondo le prime indiscrezioni, vistata da Scajola, che però ha sempre sostenuto di non essere stato informato delle reali minacce a cui stava andando evidentemente incontro il Biagi. E non solo.
All’interno dell’archivio anche due cartelline sulle vicende giudiziarie di Alberto Grotti, l’ex presidente dell’Eni ora in carcere per le tangenti Enimont nel 1993. insomma, una serie faldoni che potrebbe aprire scenari interessanti, soprattutto dal punto di vista investigativo.
E dire che i finanzieri ci sono arrivati per caso, quando erano in corso le verifiche in corso le verifiche sul ruolo dello stesso Zocchi coinvolto nella disputa sull’eredità lasciata dal marchese Gerini ai Salesiani. Il 9 luglio 2013, infatti, dopo una perquisizione nel sua casa, trovando numerosi raccoglitori contenenti dell’ex ministro in base al suo «quaderno rosso» dove sono segnate l’elenco di ulteriori carte che erano in mano all’ex 007. Zocchi spiega di aver chiesto appoggio «perché era una persona che conoscevo bene, un poliziotto che avevo fatto assumere al Sismi di Pollari e io a casa non avevo spazio per tenerli».
Una versione, quella fornita da Zocchi che a cui però non credono gli investigatori. A tale proposito, lo stesso Zocchi aggiunge: «Al momento delle dimissioni dal Viminale sono state le segretarie a fare gli scatoloni mandando le carte alla sede di Forza Italia. Poi io sono stato chiamato dal responsabile organizzativo Alessandro Graziani e ho deciso di mandarli a prendere». Scajola lasciò la carica di ministro dell’Interno nel maggio del 2002 dopo aver definito Marco Biagi «un rompicoglioni». Gli scatoloni sequestrati contengono quindi tutti gli atti fino alla data in cui l’ex ministro si dimise. Tra i documenti affidati al segretario e allo 007. Alcuni risalgono addirittura al 2012. Quanto basta per dimostrare che in realtà la raccolta è stata alimentata in tutti questi anni, per far sorgere nuovi e più inquietanti dubbi.
Il 9 luglio 2013 i finanzieri vanno subito a casa dello 007 e quando arrivano, lui consegna alcune buste «contenenti documenti» tutti numerati, alcuni con un codice alfanumerico. Poi specifica: «Le borse che vi ho consegnato mi sono state date dal signor Zocchi recentemente, anche se non ricordo perfettamente il giorno, a titolo di cortesia. Mi ha chiesto di custodirle in attesa di un suo trasferimento ad altro domicilio. Le buste, a quanto detto dal signor Zocchi, contengono suoi effetti o carte personali di cui non conosco la fattispecie, provenienza e contenuto. Le buste sono imballate e sigil-late così come mi sono state consegnate».
L’ipotesi è che in realtà il materiale sia stato visionato da entrambi e adesso si sta cercando di scoprire se anche altri ne fossero a conoscenza, soprattutto si vuole sapere se possa essere stato utilizzato a fini illeciti.
Roma, 21 aprile