Uno scroscio di applausi e singhiozzi rompono il silenzio della II corte di Assise di Roma: «Giulio è innocente!» grida qualcuno. E, ascoltando la lettura della sentenza che lo proscioglie, il primo a trattenere a stento le lacrime è proprio lui: Giulio Trevisani, l’ex agente segreto accusato di avere ucciso il commerciante di origine ebraica Rafael Cohen colpendolo al petto con una coltellata. Dopo due anni trascorsi in carcere e tanti mesi passati da imputati, lo 007 torna ora a casa da uomo libero: non è colpevole, le prove raccolte non bastano infatti ad inchiodarlo.
Secondo la ricostruzione della Procura, l’uomo che il 13 giugno del 2011 uccise Cohen agì con destrezza, programmando ogni mossa nei dettagli. Si nascose nell’androne del palazzo in cui abitava il commerciante, in via Lanciani, nel quartiere Tiburtino. Aspettò la vittima a lungo e quando Cohen, alle sette di sera, aprì il portone d’ingresso, il suo assassino lo ferì al petto con una coltellata mortale. Ad uccidere Rafael, un unico fendente diretto al cuore. Un colpo preciso, sferrato senza esitazioni. Quell’omicidio era firmato senza dubbio da un professionista, secondo l’accusa. E Trevisani, agente dell’Aise addestrato sul campo e impegnato in una relazione extraconiugale con Alessia Marini, una dipendente di Cohen, era il colpevole perfetto. Aveva pure un movente per volere morto il commerciante. A quanto sembra, Rafael avrebbe ripetutamente molestato la Marini, riservandole attenzioni che lei non gradiva e non ricambiava. Un fitto scambio di sms tra i due amanti e l’esame delle celle telefoniche, sembravano poi non lasciare scampo allo 007. Esattamente un anno dopo il delitto, Trevisani era stato arrestato. Nel febbraio dello scorso anno era stato rinviato a giudizio. Anche la Marini era finita a processo: era accusata di favoreggiamento per avere tentato di coprire l’uomo che amava, fornendo ai pm dichiarazioni contraddittorie e sviando in questo modo le indagini. Ieri, è arrivata la decisione dei giudici.
È stata un’attesa infinita per gli amici di Trevisani, che riempivano l’aula di tribunale e che sono stati con il fiato sospeso fino all’ultimo. Dopo tre ore di camera di consiglio, ecco la Corte. Gli occhi di tutti sono fissi verso il fondo dell’aula. Bastano poche parole del presidente e la tensione si smorza in lacrime e abbracci, diventa un coro di gioia. Perché, almeno per il primo grado di giudizio, la ricostruzione della Procura non regge, le prove non sono abbastanza solide: Trevisani e la Marini sono innocenti. D’altronde, l’ex agente dell’Aise fin dal momento dell’arresto si è dichiarato con forza estraneo ad ogni accusa. I suoi avvocati Nino Marazzita e Francesca Petyx, che sono sempre stati dalla sua parte, hanno concluso così. «È stata fatta giustizia, si trattava di un processo totalmente indiziario. Purtroppo, il vero assassino è ancora in libertà».
Roma, 6 Giugno