“Potevo andar via dalla Roma, ma perché andarsene se amo la città e voglio vincere qui?“. Così si confessa Miralem Pjanic in una intervista a “L’Ultimo uomo”. A Lione il dualismo con Gourcuff, a Roma per qualcuno quello con Totti, ma il bosniaco smentisce: “Checco gioca in un ruolo diverso, quello di Gourcuff è più il mio ruolo. Non è stato un anno molto felice, positivo, e quando dovevo scegliere di venire Roma ho tenuto conto anche di questo. Ma qui è diverso. Con Checco ci troviamo bene in campo, capiamo i movimenti l’uno dell’altro. È la quarta stagione che giochiamo insieme. Io so molto bene come gioca lui, lui sa molto bene come gioco io. Quando vedo che lui viene un po’ più basso, vado io più alto. So come lui vuole la palla… ci capiamo, è diverso e mi sento molto bene come gioco adesso“.
In molti lo vorrebbero come erede del capitano, ma Pjanic frena: “Tutti sognano di essere l’erede di Totti ma non è facile. Totti è Totti, è qualcosa di più del solo calcio. Ha fatto la storia del calcio italiano, è una leggenda. È bellissimo il fatto che non abbia mai cambiato maglia. Ha avuto fortuna, a non dover mai cambiare maglia“. E sull’identificarsi dopo poco con una squadra e una città dice: “Perché no? Il calcio è cambiato e a volte sono le società ad aver bisogno di soldi, non è sempre il calciatore che va via. Io ho avuto l’opportunità di andar via, però mi sento così bene che, mi chiedo, perché devo andar via se amo questa squadra, se amo questa città e voglio vincere qui?“.
Poi Pjanic parla anche del passato e di Zeman, ma a confronto con Garcia: “E’ un bravo allenatore. Forse però voleva un certo tipo di giocatori che non aveva qui. Forse dovevamo giocare in un’altra maniera, perché i giocatori a disposizione facevano un altro tipo di gioco. Lui chiede spesso ai centrocampisti di buttare la palla in avanti, di verticalizzare, sempre. A me piace giocarla come la sento io. Come mi chiede il Mister adesso: “Fai quello che senti perché tu sei quello che decide, tu devi fare il tuo gioco”. Questo mi dice Garcia oggi ed è completamente diverso. Non è che non me la sentivo di buttarla dentro, a volte però pensavo che la soluzione migliore era un altra. La differenza oggi è che mi sento molto più libero. Oggi siamo molto più forti tatticamente, equilibrati. Sappiamo i compiti di tutti, e se uno non è al suo posto c’è qualcun altro che lo copre, ci battiamo l’uno per l’altro, corriamo, diamo una mano a quello che magari è meno in forma. Tutta la squadra fa la differenza, e questo è lo spirito che il Mister ha portato con sé“.
A Roma anche lui ha avuto momenti difficili, soprattutto dopo la finale di Coppa Italia persa con la Lazio: “Quando è arrivato (Garcia, ndr) ho un po’ gli ho spiegato com’è qua la situazione, com’è l’ambiente. Il Mister è un uomo molto in gamba, ha capito subito la situazione e ha lavorato subito sull’aspetto psicologico perché venivamo da una stagione molto difficile. Certa gente ama quando qualcosa va male, per questo accentua gli aspetti negativi, per far male alla società, ai giocatori. Ma io so che quando ho giocato ho sempre dato il 100%. A volte non puoi dare tutto quello che vuoi. È la vita dei calciatori. Noi proviamo sempre a dare il massimo e i tifosi hanno tutto il diritto di essere arrabbiati quando in due stagioni arrivi quinto o sesto. Non sono stagioni da Roma, è normale che protestano. Adesso siamo lì dove dobbiamo essere e vogliamo portare gioia ai nostri tifosi“.
15 ottobre 2014